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Asylum: lasciate ogni speranza o voi ch’entrate (a Briarcliff)

Ringraziamo la nostra amica e fan Elisa Bruno per la recensione di American Horror Story : Asylum.

Caratteristica della serie dedicata al manicomio di Briarcliff? dimenticatevi la speranza di cavarvela senza subire la giusta dose di incubi notturni.

Ai giorni nostri, una coppia “fetish” in viaggio di nozze (lo sposo è Adam Levine), decide di darsi al brivido sexy-trasgressivo visitando un manicomio abbandonato, Briarcliff. Bondage, selfie di dubbio gusto, insomma non si fanno mancare proprio nulla. Nemmeno un quantomai inaspettato ed orribile bagno di sangue. Chi sono i responsabili? Sembrano essere una banda di balordi, ma così non è. Perché tutto si ricollega ad un efferato serial killer in attività negli anni ’60, epoca in cui sanguinosi delitti erano all’ordine del giorno a Briarcliff. E qui facciamo un doveroso passo indietro.

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Suor Jude dirige Briarcliff (Jessica Lange)

Nel 1964 ritroviamo Briarcliff in piena attività. Suor Jude lo dirige (una Jessica Lange a dir poco strepitosa), attenendosi a quelli che erano i canoni del perbenismo puritano di quegli anni: lotta all’omosessualità, all’amore libero, oppressione religiosa, perbenismo sfrenato. E non poteva mancare la sperimentazione medica più aberrante, affidata al dr Arthur Arden (James Cromwell), ex aguzzino nazista in incognito. Da notare quale  e quanto marciume nascondano appunto i personaggi all’apparenza più irreprensibili: Suor Jude, in un passato di alcolismo, prima di farsi suora, ha investito una bambina mentre era completamente ubriaca, fuggendo senza prestare alcun soccorso. La sua coscienza la perseguita, giustamente, senza sosta.

Gli autori di AHS (Ryan Murphy e Brad Falchuk) amano complicare la vita ai loro (atterriti) spettatori. E lo sanno fare benissimo. I collegamenti fra presente e passato, così come fra i personaggi, ci vengono rivelati lentamente, direi quasi sadicamente. E non mancano mai l’ironia ed il sarcasmo nei confronti di una società ipocrita e crudele, che reprime la libertà arrivando letteralmente a “rinchiuderla” in un manicomio. I personaggi che si avvicendano in Asylum, persino parenti e cronisti, finiscono per essere rinchiusi a loro volta nell’inferno di Briarcliff. Se ne escono, avranno una ben chiara visione dell’ipocrisia della società. Dei sopravvissuti insomma, che dopo il ‘giro di boa’ sapranno quanto marciume si cela dietro la facciata della stucchevole borghesia americana. E di questo non possiamo che dire grazie agli autori, liberi di farci capire per quali e quante vittime innocenti vi sarà stato un marchio di “demenza”.

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Lana Winters (Sarah Paulson)

Il caso più lampante è quello di Lana Winters (la bravissima Sarah Paulson), una giornalista che si avvicina a Briarcliff per indagare su Bloody Faceferoce serial killer (Kit Walker, interpretato da Evan Peters, colonna portante dell’intero progetto AHS). La verità è che Kit non è Bloody Face: egli è stato accusato dell’omicidio della moglie di colore, di cui è innocente. Quale miglior pretesto per togliere di mezzo chi ha osato scavalcare le barriere razziali?. Lana si fa notare, e a seguito di un’indagine della ferrea Suor Jude, verrà a galla la sua omosessualità. Ciò la farà condannare ad essere a sua volta rinchiusa nel manicomio. Ed eccoci al punto di partenza: chi finisce a Briarcliff con la camicia di forza sono i ‘diversi’, e la diversità è un argomento molto caro agli autori.

I personaggi notevoli sono molti a Briarcliff: ognuno ha una sua ben precisa e delineata caratteristica. Pur riservando sempre gustose sorprese… Ad esempio Suor Mary Eunice (Lily Rabe). Timida ed ingenua, a seguito di un esorcismo eseguito per un paziente diventa posseduta da una forza demoniaca. Rivelerà poi la sua vera e nuova natura in momenti insospettati. Suor Mary rappresenta la perdita dell’innocenza, diventando una creatura demoniaca che non può che trovarsi a suo agio a Briarcliff. Così come il dr Oliver Thredson (Zachary Quinto, ottimo interprete). Vittima di un’orribile infanzia, segretamente distrutto a livello psicologico, offre sostegno ed aiuto a persone innocenti quali Lana Winters. Ma è soltanto un’illusione: Thredson è in verità il vero Bloody Face. Sarà proprio Lana ha scoprire l’orribile verità.

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Il dr Oliver Thredson (Zachary Quinto)

E’ doveroso segnalare l’unico anello debole della stagione: l’inserimento dell’elemento “alieni”. Nella fantasia degli autori gli extraterrestri rappresentano una forza buona, impietosita dal destino crudele riservato alle vittime più innocenti. Grazie a questa presenza aliena, essi potranno avere una possibilità per vivere una vita nuova ed alternativa. Quest’elemento risulta un deus ex machina poco convincente.

Dal punto di vista tecnico Asylum presenta una fotografia bellissima. Il bianco e nero caratterizza le immagini all’interno del manicomio, l’effetto pastello è un connubio perfetto agli esterni anni ’60. Fondamentale lo splendore delle immagini della sigla. Kyle Cooper ipnotizza lo spettatore, lasciandogli immagini che sono già icone. Unitele alle note composte da Charlie Clouser e Cesar Davilla-Irrizarry e dite pure addio ai vostri sogni tranquilli.

Colonna sonora strepitosa : brani sixties  (The name Game per citarne uno, qui rielaborato nella sequenza onirica cult di Jessica Lange) e l’inquietante leitmotiv sonoro della serie, “Dominique”, scritto in quegli anni proprio da una suora.

Asylum può porsi come punto di partenza, al pari di Murder House o di qualsiasi altra stagione di AHS. Per Murphy e Falchuk ognuna vive di vita propria, ma i rimandi fra loro ci sono e sono ben nascosti. A noi resta il bel gioco di scoprirli.