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Baby Reindeer – La recensione

L’amore può essere la medicina che salva la vita ma anche veleno che uccide.
O entrambe le cose.
Baby Reindeer è narrazione basculante tra l’ironia che alleggerisce il cuore e dramma, manifestazione di un disagio taciuto e successivamente raccontato in lacrime disperate, di fronte ad un pubblico imbarazzato che non sa come reagire alla manifestazione  sincera di dolore e di miseria umani.

Baby Reindeer è una serie che non ti aspetti.
Credi che sia il racconto di uno stalkeraggio da parte di una donna squilibrata, sola e per nulla attraente nei confronti di un uomo che ne diventa vittima.

Ma non è così.

Se la serie di Richard Gadd avesse mostrato una vittima al femminile, nello stesso modo in cui viene fatto, credo sarebbe stata seppellita dalle critiche negative imposte dal politically correct che censura ciò che è sconveniente e da una narrazione che sfiora il tossico quando si parla di violenza sulle donne.

E invece il protagonista è Danny, un uomo sulla trentina che lavora in un pub ma sogna di diventare un comico. E ci si chiede perché egli ami così tanto esporre la sua inadeguatezza, ridicolizzarsi sul palco, dove le battute divertenti che fa nel quotidiano in modo quasi inconsapevole svaniscono, in un clima di imbarazzo così palpabile da farti provare pena per lui.

Danny è la vittima perfetta per una stalker.
Il palco è metafora del suo bisogno di essere guardato, ammirato, notato.
Danny è alla ricerca di un occhio che si accorga di lui, ma anche di una mano che lo spinga verso una direzione che, da solo, non è in grado di trovare.
Piccola Renna è un inetto.
Danny è un uomo che non sa decidere, un gregario in cerca di una guida da seguire sospendendo la ragione, il giudizio morale, l’istinto di auto protezione che lo rendono complice delle violenze subite a cui si sottopone ripetutamente.

Danny subisce per sua stessa volontà. L’attenzione e l’amore degli altri, in una forma ossessiva e disfunzionale, sono esattamente ciò che egli ricerca e che usa come giusta punizione da infliggersi a causa dell’odio che egli prova verso di sé, consapevole di non avere strumenti emotivi per decidere della sua vita.

Se il personaggio di Martha (Jessica Gunning) ci diverte e ci spaventa, il personaggio di Danny emerge in tutta la sua complessità in termini psicologici, mostrando come il disagio dell’uomo sia mimetizzato sotto ad una parvenza di un’inesistente normalità.
Danny appare ben presto come il personaggio più disfunzionale di tutti, una piccola renna che vaga in quel bosco nebbioso che è la sua vita alla ricerca di un cacciatore che gli spari, ponendo fine alle sue sofferenze dalle quali egli non è in grado di liberarsi.

E quando qualcuno lo nota confermando la sua esistenza e mira per sparargli, Danny si lega al suo carnefice in modo ossessivo, perché trova finalmente quello sguardo che gli comunica “tu esisti, tu sei importante” e della cui attenzione morbosa, nella quale si sente braccato ma al contempo protetto, non si capacita, ricercandone follemente le cause.

Il legame tra Danny e Martha non si limita alla tradizionale narrazione vittima/carnefice. Esso rappresenta qualcosa di lontano dall’immagine condivisa e di fortemente umano. Ed è incredibile come questa prospettiva, che trova il suo climax nelle commoventi scene finali, venga data proprio da Richard Gadd, che interpreta sè stesso in un’esperienza a tratti surreale.
Martha e Danny sono due facce di una stessa medaglia.
Due solitudini che si incontrano, perse in un mondo alienante dove è difficile comunicare con l’altro e in esso riconoscersi.

La coppia Martha/Danny crea un legame indissolubile nel quale ciascuno trova nell’altro calore umano.
Un gesto gentile, tolleranza, accettazione, affetto e, infine, la tenerezza del ricordo dell’infanzia, quella che un bambino prova nello stringere a sé un giocattolo per trovarvi conforto nella convivenza dolorosa, drammatica con una realtà ostile e minacciosa.
Questo è ciò che Martha e Danny sono l’uno per l’altra.
La concretizzazione di una forma di amore, certamente deviato, ossessivo, ma in qualche modo reciproco ed immensamente umano, connesso con quella parte infantile ed intima che sopravvive in ciascuno di noi nonostante lo scorrere del tempo ci modifichi in adulti, allontanandoci dal quel bambino che siamo stati ma che ancora esiste.

Baby Reindeer è disponibile su Netflix.

Articolo a cura di Vale80