Il senso del dovere, la vergogna e l’espiazione: concetti ramificati in profondità nella cultura giapponese, e la Yakuza ne è una chiara esemplificazione con il rituale Yubitsume.
Non serve essere un giapponese o uno studioso del Paese: uno sgarro da parte del criminale di turno, magari verso il boss, può essere accomodato dal sacrificio della falange del proprio mignolo.
Non sempre basta.
Giri / Haji è incentrato su due fratelli, Kenzo e Yuto Mori. Poliziotto con moglie, figlia e genitori in casa uno; criminale scomparso l’altro. Il quadretto cambia quando il capo della Yakuza in persona entra nel modesto appartamento per chiedere a Kenzo di prendere un aereo per Londra.
Obiettivo: trovare e riportare a casa Yuto
Uno dei pro più grandi della serie è che nulla è così semplice come sembra: i fratelli sono lungi dall’essere il fenotipo bianco / nero, bene / male, con il poliziotto Kenzo pronto a sporcarsi le mani – e con l’animo già sporco – mentre man mano che le puntate scorrono scopriamo come Yuto non sia male puro, ma un uomo che ha collezionato scelte sbagliate.
La commistione inglese / giapponese è un’altra carta vincente; Giri / Haji mischia sapientemente location, volti e parlato, dando per effetto freschezza e trasmettendo con capacità l’ alienamento, il mistero, le forti emozioni che spingono i personaggi.
Una commistione che si spinge anche nel registro dell’opera, capace di alternare con sagacia momenti leggeri a violenza (ben meno di quanto ci si aspetterebbe da una serie con la presenza costante della mafia giapponese), crudo realismo a momenti onirici e sperimentali: notevole in tal senso le parti animate, o quelle…ballate; per non parlare di improvvisi richiami a dialoghi chiave letteralmente immersi nell’ambiente.
In tutto questo si muove il dedalo di uomini, donne adulti e non, alle prese con problemi da fiction e problemi ben più vicini allo spettatore: l’identità sessuale, il passato che tormenta, l’amore che sbiadisce o che bussa alla porta senza chiedere il permesso, sconvolgendo ulteriormente la già complicata vita dei personaggi.
E qui il punto più importante: a fronte di alcune inaspettate svolte narrative (con characters che se ne vanno in modo insospettabile, o che nascondono un ruolo ben maggiore nell’economia della serie), Giri / Haji vince per l’empatia verso i personaggi, più che per quanto accade su schermo.
Alcuni scambi tra Kenzo e la figlia, uno sguardo, l’esitazione nella voce mentre lei parla, sono dettagli capaci di emozionarvi scoprendovi legati, dopo un così breve minutaggio, al loro destino, ai loro sentimenti.
Giri / Haji è ora disponibile su Netflix; non sappiamo se ci sarà una stagione 2, ma la serie sta in piedi dal primo all’ultimo episodio. Certamente non la più famosa, non di meno merita la vostra visione