Il vero eroe della fine della Guerra Fredda.
Colui che portò forse più di tutti quello che gli Scorpions nella loro canzone chiamarono The Wind of Change.
L’uomo della Perestroika e della Glasnost, l’uomo che non voleva regali nelle sue visite di Stato ma che parlava con la gente comune, per capire quali fossero i loro bisogni e le loro esigenze.
Un politico più amato all’estero e da quelli che dovevano essere i suoi nemici che dai suoi amici e compatrioti.
Un uomo che ha meritato ogni successo che ha ottenuto perchè come confessa ad Herzog non ha mai avuto fortuna, semplicemente se l’è creata con passione e duro lavoro.
Non possiamo che parlare di lui, Michail Sergeevič Gorbačëv, l’ultimo segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, in carica dal 1985 al 1991.
Nel docu-film Herzog incontra Gorbaciov il regista tedesco ci fa fare un viaggio in un mix fatto di filmati d’epoca, interviste a vari uomini politici che furono legati all’ex leader sovietico e ad una bella, intensa ed anche commovente chiacchierata con l’ex presidente sovietico.
Con i suoi filmati Herzog ricapitola in maniera sommaria ma precisa l’excursus politico di Gorbaciov, dai suoi primi passi mossi nel suo paese natale di Stavropol alla scalata che lo portò fino alla massima carica di allora, quella di Segretario Generale.
Ed attraverso le interviste fatte ad alcune personalità politiche dell’epoca come l’ex primo ministro ungherese Miklos Nemeth, l’economista americano George Pratt Shultz e l’ex capo di Gabinetto James Baker riscopriamo il rispetto ed il fascino che il leader sovietico ebbe soprattutto nel mondo occidentale di allora, deciso come fu ad interrompere la Guerra Fredda e stanco di alimentare sospetti e venti di guerra contro l’allora nemico americano.
Ma la testimonianza più forte di tutto ciò l’abbiamo dallo sguardo del diretto interessato, Gorbaciov stesso, un politico, prima ancora un uomo, che ora come allora, all’età di 89 anni è ancora convinto delle sue idee politiche e di come le cose sarebbero dovute andare, per la sua madrepatria, per l’Europa, e per il comunismo che lui stesso voleva si riformare quasi totalmente ma che amava e ama ancora così tanto.
La coerenza, la forza delle sue idee e la delusione per come finì la sua avventura politica la ritroviamo ancora oggi, durante l’intervista con Herzog, nella sua voce, nel suo modo di gesticolare, nei suoi silenzi.
E la ritroviamo anche nelle sue lacrime, quelle che non riesce a trattenere pensando all’unica cosa che abbia amato più della sua Unione Sovietica e dell’ideologia comunista: sua moglie Raissa.
Una donna che lo ha sempre affiancato, che lo ha sempre accompagnato in ogni sua visita, in ogni sua apparizione, in ogni sua battaglia, che gli è stata sempre a fianco, e di cui lui oggi, sente tremendamente la mancanza.
Herzog gli fa una domanda scomoda al riguardo, e la fragilità, la spontaneità, la bontà dell’uomo Gorbaciov viene fuori più che mai, emozionando il diretto interessato, ed anche noi spettatori.
Un politico che oggi manca al mondo odierno, un uomo di valori, fermamente convinto delle sue idee ma che fece del dialogo la sua arma più forte e vincente.
Herzog è come sempre stupendo nell’utilizzare un tocco delicato nel mostrare il Gorbaciov uomo prima ancora che il Gorbaciov politico, nel far emergere il suo lato umano, con le sue domande, la sua ironia.
La sua voce fuori campo ci accompagna nelle varie immagini dell’epoca mostrandoci con un tocco poetico l’ascesa e la caduta di uno dei politici più importanti della storia mondiale del 900′, e che oggi, ancora lucido e convinto di quello in cui ha sempre creduto, ci appare anche come un uomo molto sensibile, e forse, solo.
Solo come quel 25 Dicembre 1991, quando dovette firmare le sue dimissioni da Segretario di un Unione Sovietica che non c’era più.
Solo come quando, il 20 Settembre 1999, dovette dire addio per sempre al suo più grande amore.