“La serie Romulus nasce dalla volontà di approfondire il mito fondativo di Roma, che racchiude un nucleo affascinante, mistico e universale e che, proprio nella serializzazione, in uno spazio di racconto quindi ampio, trova dal mio punto di vista la sua forma più compiuta.”
Sono state queste le parole di Matteo Rovere per presentare alla Festa del Cinema di Roma 2020 Romulus (ROMVLVS) una serie televisiva italiana sulle origini della città eterna.
Progetto ambizioso ed esteticamente molto appagante questa serie non ha alcun collegamento narrativo con il precedente e meraviglioso film del regista Il Primo Re.
Ma le differenze principali sono a monte oltre che squisitamente tecniche. Se la pellicola con Alessandro Borghi è stato un voto di castità estetico, una devozione dogmatica alla ricerca della verità nella messa in scena, tra costumi, scenografie, la fotografia di Ciprì, per non parlare della coraggiosa scelta del protolatino, Romulus appartiene a tutto un altro universo. Questa serie ha un packaging molto differente e vuole proporsi ad un pubblico più ampio ed internazionale.
La storia è quella di Latium Vetus, la Terra dei trenta Re a sud del Tevere un’antica città senza pioggia.
In balia delle predizioni delle vestali e dei capricci degli Dei (o del meteo) il popolo decide di mandare in esilio Numitor (Yorgo Voyagis), a causa del perdurare della siccità. A questo punto si apre un’aspra contesa per l’onore e il fardello della corona. In questa colossale opera collettiva spiccano poi Yemos (Andrea Arcangeli), fratello gemello di Enitos (Giovanni Buselli), figli del “re dei trenta re” Numitor. L’astuta Gala (Ivana Lotito) moglie di Amulius (Sergio Romano) e madre di Ilia (Marianna Fontana), vestale custode del fuoco sacro e innamorata di Enitos.
Rimane fondata l’impressione che Romulus sia una versione meno castigata de Il primo re e che Rovere/Sky/Cattleya/Groenlandia e chiunque abbia mosso i fili di questa produzione, si sia prostituito alle esigenze di mercato.
Ma questo nulla toglie al risultato finale. Romulus infatti convince da ogni punto di vista. La storia rapisce lo spettatore sin dal primo episodio. La regia ha un taglio moderno e intelligente. Le musiche dei Mokadelic (Acab, Gomorra) tra psichedelia ancestrale e la splendida sigla iniziale (Shout dei Tears for Fears cantata da Elisa). Le interpretazioni tutte credibili.
Spicca l’ipnotica performance di Marianna Fontana già protagonista insieme alla sorella gemella Angela di un capolavoro come Indivisibili di Edoardo De Angelis.
Tante piccole frecce nella faretra di una serie molto piacevole, ma soprattutto la conferma di un regista che ci convince ogni anno di più. Un autore fatto che a dispetto dei suoi 38 anni, sembra essere uno dei registi più maturi del cinema italiano e al pari di Gabriele Mainetti, uno dei più internazionali.