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La regina degli scacchi – La Recensione

“Le leggi della vita non sono così chiare come quelle degli scacchi.”

A dirlo è stato Garri Kimovič Kasparov, celebre scacchista sovietico. Proprio Kasparov è stato il consulente di Scott Frank e Allan Scott per la realizzazione di questa riuscita serie tv La regina degli scacchi. Ad essere precisi il titolo originale The Queen’s Gambit è ben più evocativo e meglio ci introduce nel mondo di Elizabeth Harmon (Anya Taylor-Joy). Frutto della fantasia di Walter Tevis nel suo omonimo romanzo del 1983, Beth è una giovanissima campionessa americana di scacchi, che si afferma negli anni ‘60. The Queen’s Gambit vuol dire “Gambetto di donna”, che nella terminologia scacchistica rappresenta una delle aperture più antiche nella storia di questo gioco.

Nutrita con indifferenza e psicofarmaci che le alterano gli schemi cognitivi, la piccola orfana Beth, trova conforto nel gioco degli scacchi.

Abbandonata dopo la morte della madre, in un severo istituto del Kentucky, la bambina viene introdotta in questo alienate ma anche meraviglioso universo dall’umile e anziano custode dell’orfanotrofio. L’uomo sarà il primo a comprendere l’incredibile e prematuro prodigio al suo cospetto. Beth è infatti una straordinaria giocatrice istintiva, che visualizza tutte le partite a mente. Crescendo la ragazza si troverà a competere con i più grandi Maestri al mondo, fino al temuto campione sovietico Vasily Borgov.

Per ovvie ragioni di dinamicità e introspezione il gioco degli scacchi non è un mondo molto cinematografico. I film sull’argomento comunque non sono mancati.

La più celebre partita a scacchi è ovviamente quella in cui Max von Sydow che sfida la Morte ne “Il settimo Sigillo”.

Anche Beth in effetti gioca con la sua vita e la morte incombe continuamente in tutta la serie. Uno dei tanti sottotesti voluti dagli autori.

Nonostante le ambiziose tematiche però, ciò che sorprende maggiormente ne La regina degli scacchi è la sua linearità narrativa e una fruibilità immediata per ogni tipo di spettatore.

Certo, potrebbe essere d’aiuto conoscere termini come Difesa Siciliana o Apertura Spagnola o la genialità di scacchisti come José Raúl Capablanca o Wilhelm Steinitz, ma l’ignoranza sull’argomento non rende meno godibile questa serie che rapisce dal primo all’ultimo fotogramma.

Il fine ultimo di questa serie è quello di ritrarre la condizione della donna, relegata allo sconfortante binomio moglie/madre, in una società maschilista e puritana.

Stereotipi ipocriti sponsorizzati dai media dell’epoca, negli anni in cui l’immagine della famiglia tipo dell’heartland statunitense era pericolosamente minata dall’ateismo sovietico e dal modello comunista. Idee e ideali che impaurivano ancor più delle bombe russe in piena Cold War.

Sesso e scacchi vanno poi di pari passo, in quel mondo così machista ed egocentrico. Le amiche di Beth, più avvezze all’universo maschile provocano la giovanissima ragazza con allusioni sulla Torre della scacchiera; gli autori si spingono oltre con un evidente parallelismo tra partite simultanee e gang bang.

Il sesso c’è, ma non si vede. L’allusione di una ragazzina più forte di tanti uomini però, amplifica il messaggio de La regina degli scacchi: portrait femminile e pamphlet femminista.

Oltre al contenuto la serie brilla anche per una regia essenziale e mai ingombrante. Eleganti simmetrie, virtuosismi estetizzanti, alcuni notevoli piani sequenza con la mdp che rende giustizia agli splendidi interni dello scenografo tedesco Uli Hanisch (Babylon Berlin, Cloud Atlas). Assolutamente da menzionare anche il lavoro della costumista Gabriele Binder, già collaboratrice di Florian Henckel von Donnersmarck in film come Le vite degli altri e Opera senza autore

La vera protagonista e regina però è Anya Taylor-Joy.

Apprezzata in The Witch di Robert Eggers , in Split e Glass di Shyamalan oltre che in Peaky Blinders, l’attrice è pressoché perfetta. La sua performance, tutta in sottrazione, è inquietante e sensuale nella stessa misura, a conferma di un talento cristallino.

Valore aggiunto che rende questa serie uno dei migliori prodotti della scuderia Netflix.