Due grandi vecchi per un film sul tempo che passa inesorabilmente mentre la giovinezza sbiadisce sempre più, se ne va lontana, appare come qualcosa di mitologico. Due attori strepitosi, Michael Caine e Harvey Keitel, per un riflessione sulla vecchiaia, sul tempo, sull’arte, sulla creazione.
Un film che racchiude tutto ciò che ha fatto Sorrentino in maniera più aperta e “smussata” per il pubblico senza rinunciare tuttavia al suo ormai riconoscibilissimo stile.
Fred e Mick sono amici da sempre in vacanza in un elegante albergo termale svizzero ai piedi delle Alpi. L’uno un famoso direttore d’orchestra ormai in pensione, l’altro un vecchio grande regista. Mentre quest’ultimo è alle prese con la stesura della sceneggiatura del suo ultimo film, il suo capolavoro, il suo testamento, Fred non ne vuole sapere di riprendere la carriera musicale. Nemmeno per la Regina d’Inghilterra in persona che lo vorrebbe per un concerto a Buckingham Palace per il compleanno del principe Filippo.
Da quella residenza passano diversi personaggi famosi, c’è Miss Universo che è meno stupida di quel che sembra, un giovane attore famoso concessosi una volta al cinema facile commerciale e ricordato da tutti esclusivamente per quello e una versione pachidermica di Maradona. Tutto tra terme, passeggiate, pasti e spettacolini kitsch sembra scorrere in maniera apatica, impalpabile, ridondante…
Paolo Sorrentino era atteso al varco con questo film che arriva dopo il clamoroso exploit e l’Oscar per la Grande Bellezza. Quello che ci viene consegnato è un Sorrentino ancora più consapevole dei propri mezzi, capace di non restare vittima del proprio stile strabordante che eppure c’è ed influisce in maniera determinante. Il suo non è più un cinema esclusivamente narrativo, bisogna farsene una ragione.
Il suo raccontare procede per immagini, episodi malinconici al limite del surreale e del grottesco, i suoi dialoghi sono volutamente composti da riflessioni , aforismi, frasi ad effetto che hanno un quel qualcosa di letterale che tendono spesso a sfociare nel limite del manierismo. C’è chi lo odia e non lo sopporta per questo. Tuttavia c’è da dire che tutto si amalgama alla perfezione con il contesto narrativo e non si può non riconoscerlo.
La Giovinezza che ha più di un punto in comune con la sua già citata precedente opera. Lì era l’ostentata rappresentazione di personaggi vuoti, mediocri, qualcuno consapevole di esserlo qualcun altro meno, qui al contrario è tutta gente più che affermata. Una sorta di “paradiso” artistico dove si va dopo la morte (artistica). Eppure anche qui tutto ritorna alla ricerca, più o meno personale, di una propria bellezza perché è la bellezza l’unico vero legame che c’è tra gioventù e vecchiaia. Ed è solo credendo nel futuro che si può continuare a vivere e non importa quanto esso sia breve. Perché, a differenza di quanto dice il personaggio di Michael Caine, sono le emozioni il traino di tutto. È questo che Sorrentino continua a dirci durante il suo film.
Grande merito va al cast di attori: se i duetti tra Michael Caine e Harvey Keitel sono a dir poco strepitosi da lasciare senza parole, da menzionare anche Jane Fonda che arriva e se ne va in due minuti distruggendo tutto come la forza di un fulmine e Paul Dano che regge alla grandissima il confronto con i due mostri sacri.