“A fable from a true tragedy”
Questa breve battuta compare all’inizio del film: una dichiarazione di intenti, o anche una narrazione coerente con ciò che si è sempre raccontato di Lady Diana Spencer, la quale praticamente immolò la propria vita alla ricerca della libertà da una Royal Family che ruppe dall’interno e della quale cambiò per sempre le regole del gioco.
Dunque è nel termine fable la chiave di lettura, poiché quanto di nuovo si poteva raccontare in un film sulla compianta principessa del popolo? Niente, in verità, e un volpone come Larraín non può non saperlo benissimo.
E allora perché non focalizzarsi su un preciso momento della vita di Diana, quello in cui maturò la decisione di separarsi per sempre dalla Famiglia Reale – e dunque liberare la persona, l’essenza, dando vita forse definitivamente al personaggio?
In “Spencer”, il regista cileno torna a cimentarsi in un biopic – dopo “Neruda” e “Jackie”, concentrandosi sui tre giorni di Dicembre (Vigilia, Natale e Boxing Day), che furono di rottura per Lady D. Non una mera narrazione di fatti, ma più un viaggio dentro la mente di Diana, che circondata da un ambiente ostile e con pochissimi ancore di salvezza a darle respiro (i figli in primis, nonché un’assistente interpretata dalla sempre bravissima Sally Hawkins), si spoglia del peso della Corona per distruggersi e rinascere.
C’è un passato che si rimpiange e la volontà di non soccombere, anche per amore dei figli cui Diana cercherà di dare assaggi di normalità. C’è un parallelismo con Anna Bolena – moglie di Enrico VIII che venne decapitata perché non in grado di dare un figlio maschio al sovrano – che per tutto il film fa da filo conduttore, mentre Diana, tra atti di autolesionismo, bulimia ed eventi che precipitano nel climax della battuta di caccia finale, muore e risorge metaforicamente nei tre giorni natalizi – proprio come un Passione Divina – che scandiscono la narrazione e i tre ideali capitoli del film, oltre un successivo capitolo di conclusione.
Tecnicamente eccezionale come tutti i lavori di Pablo Larraín, “Spencer” non sposta nulla alla narrazione della vita di Lady D. se non dando un’impronta onirica ed immaginifica ad una serie di eventi che ebbero un peso specifico nella vita della Principessa – e a proposito di peso, interessante la tradizione di pesarsi prima e dopo i tre giorni di banchetti natalizi, per poter dare la misura del “benessere” ricevuto dai commensali a tavola.
Ottima fotografia, interpretazioni da premio sia quelle della Hawkins che di Timothy Spall.
Ed ovviamente menzione speciale a Kristen Stewart, che probabilmente grazie al regista cileno si ritrova per le mani l’interpretazione della vita.
Articolo a cura de La Sposa