A Venezia ritornano i Western, The Power of dog è il primo presentato, per le giornate successive è poi prevista, la proiezione di Old Henry.
Il film riesce nell’intento di stupire con il suo scenario da western, ma ambientato nel 1925 in Montana.
Il tempo storico è diverso rispetto ai classici come Mezzogiorno di fuoco, che solitamente sono inseriti nella seconda metà del 1800.
Si può pertanto definire un Post-western.
Non si parla di un film con il duello a chi spara più lesto a mezzogiorno in piazza, piuttosto è la trama prende in considerazione lo sviluppo psichico dei personaggi.
Protagonista indiscusso Benedict Cumberbatch il quale interpreta Phil Burbank, fratello minore di George Burbank (Jesse Plemons).
I due fratelli gestiscono il ranch di famiglia, isolato ai piedi delle colline del Montana.
Phil viene presentato come un uomo d’azione, che castra i vitelli a mani nude, vive nel fango senza lavarsi per giorni e quanto ad educazione e tatto sembra essere sprovvisto.
Al contrario suo fratello George, è a primo impatto l’uomo d’affari che porta avanti gli affari intrattenendo rapporti con la società che conta e trincera la sua timidezza dietro le buone maniere.
Durante il trasferimento della mandria tutta la carovana fa tappa per riposarsi in una bettola gestita dalla vedova Rose (una magnifica Kirsten Dunst) e suo figlio Peter (Kodi Smit-McPhee).
George vedendo la bella vedova in difficoltà perché maltrattati dai suoi dipendenti del ranch non tentenna nel darle un aiuto, e presto finirà per innamorarsene e sposarla.
Quando Rose si trasferisce nella tenuta di famiglia capisce che non è tutto ora quello che luccica, il marito follemente attratto da lei è spesso in viaggio e lasciandola sola con il rozzo fratello che non smette di darle il tormento.
Il clima nel ranch cambia quando Peter arriva per le vacanza estive e si trasferisce li.
D’apprima subisce i soprusi di Phil ma troverà presto una chiave per legare con lui, trovando un sostegno che non può più fornirgli la madre ormai sempre ubriaca per essere prigioniera in quella situazione.
La bellezza del film è che nulla viene presentato all’inizio sotto la luce della verità: il rozzo phil è in realtà un erudito filofoso e George è invece il figlio visto come stolto e inetto degli stessi genitori.
Tema centrale del film la sessualità, fa da contrasto al macismo del western l’omosessualità accennata e sottesa dei due personaggi principali Phil e Peter.
Entrambi devono travare un modo per sopravvivere in questo tempo che non ammette fragilità. A volte però la famiglia viene prima dell’amore. Peter farà della sua missione non solo trovare il suo posto nel mondo ma salvare la madre da se stessa. Un unico ostacolo si frappone Phil.
Fotografia trenta e lode per la miusica poteva essere fatto di meglio, anche se non è il classico film da Ennio Morricone in certi contesti un richiamo sarebbe stato gradevole.
Nuovo il tema dell’omosessualità nel western, quindi apprezzabile.
Ciò detto il film avrebbe potuto essere più breve senza toglierne al godimento dello stesso.
Bella la trama ma risulta molto fine a se stesso, con il personaggio femminile che non viene approfondito, avendo un attrice come Kirsten Dunst, ci si aspetterebbe qualcosa di più.
La regista Jane Campion non ha nulla da invidiare ai suoi predecessori maschili. Si nota comunque la mente femminile attenta alla psicologia dietro il dramma.
Benedict Cumberbatch insolito in un ruolo meno megalomane del solito, ma sempre da alfa. Niente da dire, un artista resta tale qualsiasi cosa sperimenti.
Articolo a cura di Eleonora Vignudelli