Red carpet Venezia 73

Mancano ormai poche ore alla cerimonia di premiazione della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Dopo dieci giorni intensi di festival possiamo fare un primo bilancio.

Un’immagine è nitida: il cinema italiano, almeno quello in concorso, delude.
Sia Piuma che Questi Giorni non offrono una nuova ottica a temi come ricerca del sé, responsabilità, sessualità e gravidanza. Una costante del cinema nostrano è stato raccontare gli adolescenti, quasi sempre in viaggio; lo hanno fatto i due in concorso e L’estate addosso di Muccino.
Se c’è un aspetto, al di là del prodotto finale, emerso durante l’edizione 2016 del festival di Venezia è la volontà di avvicinare un cinema che sia contemporaneo, ma ricercato, ai lavori più autoriali, un cinema che non chiude ma apre a  nuovi approcci, stili estetici e linguaggi personali senza preclusione alcuna. Un cinema che narra lo smarrimento esistenziale, le paure, dove la religione, la fede sono valori fondamentali e gli individui sono sempre meno disposti alla comunicazione, al confronto.

Non mancano le giornate in cui ti chiedi: “come può essere che questo film sia in concorso?, e allora arrivano le sezione collaterali e autonome a sorprendenti con piccoli sguardi sul nostro tempo o storie divertenti e non banali.

La classifica personale di quanto visto in questa edizione.

– Il mio Leone d’Oro: La La Land
– Miglior film italiano: Il più grande sogno
– Miglior attore: Oscar Martinez (El ciudadano ilustre)

I film in concorso che più ho apprezzato:

Tra i titoli in concorso deludenti metto in cima Voyage of Time: Life’s Journey di Terrence Malick. The Bad Batch quello chhe ha sprecato le sue potenzialità.
Infine tra le performance femminili la più accreditata e osannata è la prova di Natalie Portman con Jackie anche se non è da sottovalutare l’intensa interpretazione di Amy Adams in Arrival.

 

 

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Redattore

- Il cinema per me è come un goal alla Del Piero, qualcosa che ti entra dentro all'improvviso e che ti coinvolge totalmente. È una passione divorante, un amore che non conosce fine, sempre da esplorare. Lo respiro tutto o quasi: dai film commerciali a quelli definiti banalmente autoriali, impegnati, indipendenti. Mi distinguo per una marcata inclinazione al dramma, colpa del Bruce Wayne in me da sempre. Qualche gargamella italiano un tempo disse che di cultura non si mangia, la mia missione è smentire questi sciacalli, nel frattempo mi cibo attraverso il cinema, zucchero dolce e amaro dell'esistenza -