La La Land

Sezione: Venezia 73


Al cinema spesso chiediamo di stupirci. La La Land mette al centro della propria anima quella ricerca dello stupore che cerchiamo nelle nostre vite.

Il nuovo film di Damien Chazelle (Whiplash) è meno musical di quanto possiate pensare: lo è nella forma (specie nel divertente prologo) nei colori accessi, nella volontà di realizzare i sogni che non dovrebbe mai svanire.
Ed è ciò che fanno o almeno ci provano per buona parte del racconto i due protagonisti: Mia (Emma Stone), un’aspirante attrice che fa la barista all’interno degli studios hollywoodiani e Sebastian (Ryan Gosling), un musicista jazz che si destreggia, cercando la grande svolta, nei piano bar.

Le situazioni di Mia e Sebastian sono comuni alla maggior parte di noi: quanto credere in un sogno? Bisogna arrendersi?  Accettare compromessi? Il nostro sogno è più di una passione o dell’ambizione di diventare grandi.
I desideri dei due viaggiano nella prima parte tra le difficoltà quotidiane (con un Gosling in stile The Nice Guys nel relazionarsi) cercando di essere notati, e le emozioni personali che diventeranno complici una volta che le  strade si uniranno tra note candide e balli graziosi.

La complicità, il sostegno e la magia che caratterizzano la loro unione dovranno a un certo punto scontrarsi con quella realtà che non tiene conto della fantasia e della spensieratezza: come riuscire a preservare l’amore quando le proprie aspirazioni diventeranno concrete? Da qui la narrazione diventa più densa e tesa, l’elemento fantastico svanisce nei rumori, nella frenesia di un quotidiano non più singolare e senza tempo. Il che non è un difetto ma una scelta stilistica precisa volta a sottolineare gli accadimenti reali delle esistenze di Mia e Sebastian, che come le stagioni della vita conosceranno la malinconia.

Solo nel finale, e per poco, Damien Chazelle torna a giocare con la vita e le sue possibilità, regalandoci un momento di confortevole estasi, di quella indecifrabile intimità che unisce due anime sognanti tra danze, canti e semplici momenti di euforia ma affermando anche di coltivare il proprio percorso oltre le persone amate.

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Redattore

- Il cinema per me è come un goal alla Del Piero, qualcosa che ti entra dentro all'improvviso e che ti coinvolge totalmente. È una passione divorante, un amore che non conosce fine, sempre da esplorare. Lo respiro tutto o quasi: dai film commerciali a quelli definiti banalmente autoriali, impegnati, indipendenti. Mi distinguo per una marcata inclinazione al dramma, colpa del Bruce Wayne in me da sempre. Qualche gargamella italiano un tempo disse che di cultura non si mangia, la mia missione è smentire questi sciacalli, nel frattempo mi cibo attraverso il cinema, zucchero dolce e amaro dell'esistenza -