L’ultima opera di Nolan, capace di riportare le masse al cinema dopo un periodo storico quantomeno particolare -parliamo tra l’altro di un film con mascherine, teatri pieni, dove si pronuncia la parola lockdown- ci fornisce durante i primi minuti la migliore chiave di lettura per poter comprendere il film.
Non cercare di capirlo, sentilo
Dice una scienziata al Protagonista (non è che non ricordi il suo nome, ma il personaggio di John David Washington ne è proprio privo) nel mostrargli dei proiettili a entropia inversa; una volta venuta meno la noiosa correlazione d’ordine tra causa ed effetto, parlare di viaggi nel tempo è un attimo.
questo ‘dettaglio’ impatta ovviamente sulla complessità della pellicola, ma diventa funzionale nel rendere le scene d’azione a tratti epiche.
il regista non aveva bisogno di dimostrarci le sue capacità nell’action (basti ricordare la rapina-intro de Il cavaliere oscuro); certo è che in TeneT ci sono inseguimenti e sparatorie che si faranno ricordare negli anni.
A proposito di tempo
Non è un mistero che Nolan sia legato profondamente a questo argomento, che tocca in diverse accezioni nelle sue pellicole come mezzo diretto per manipolare realtà e narrazione.
Memento è tra le sue prime opere e usa un tempo frammentato per rendere unica una storia altrimenti semplice, calando lo spettatore nella particolare condizione del protagonista; Interstellar piega le leggi del tempo a proprio piacimento, con un orologio come punto chiave della trama. Il montaggio di The Prestige si attesta poco sotto i 150 salti temporali, così come sono le tre linee temporali multiple a distinguere Dunkirk da un classico film di guerra.
Tempo e complessità sono due punti chiavi della filmografia di Nolan: nel bene e nel male, TeneT non fa eccezione.
Da una parte è intrigante la cultura e la preparazione del regista nella ricerca di una base solida che dia una veste di credibilità a tutto, un universo solido e parallelo al nostro.
Come già accaduto in Inception ma anche con Batman, ovvero non un supereroe da fumetti, ma un violento miliardario con traumi infantili bardato di Kevlar, allo stesso modo in TeneT vengono introdotte regole che variano la realtà in un mondo comunque fedele a tali regole, che ci regala una messa in scena sublime.
E’ altrettanto piacevole trovare i sub-strati di significati anche nel più piccolo dettaglio: sin dal titolo, un palindromo con cui Nolan scomoda il Quadrato del Sator. Divertitevi a trovare il resto del quadrato nelle scene e nei personaggi del film. E la forza della parola non si ferma qui, essendo legata a doppio filo con il terzo atto delle pellicola (no spoiler).
Il problema di fondo è che il suddetto cambio di regole porta a una esplosione di complessità. Il salto dal ritrovamento dei proiettili invertiti a L’INSEGUIMENTO è esponenziale; per giunta fino a quel momento buona parte delle vicende vivevano ancora nel nostro mondo, in un contesto da ottimo film d’azione.
Ne consegue che a una prima visione le scene dove l’inversione entropica è massiccia creano confusione. Il tempo fisico dato allo spettatore per assorbire questo stravolgimento della realtà è infatti insufficiente; come se il regista stesso ne fosse consapevole, i personaggi rassicurano a più riprese il Protagonista / noi sul fatto che il discorso sia un pò complesso.
Verrebbe quasi da pensare che Nolan si inventi delle giustificazioni pseudo-realistiche per introdurre una variabile alla realtà con il solo scopo di poterla piegare a suo piacimento e mostrarci cose incredibili. E se così fosse, che ci sarebbe di male? l’azione di TeneT è serratissima, il montaggio da opera d’arte e la fotografia non è da meno; il cast è in forma smagliante e a tratti Pattinson rischia di rubare la scena al Figlio di Denzel (sembra meno vago de ‘il Protagonista’ così).
Se invece è Nolan a osare sempre di più per un desiderio di complessità crescente, diciamo che il rischio di esagerare è tangibile tanto quanto in Interstellar. Il pericolo di imporre una seconda visione per capire appieno non è tanto di trovare falle nel sistema, bensì perdere in emozionalità per il mancato fattore sorpresa.
Forse risiede qui il vero difetto di TeneT, all’ombra dell’imponente passato del regista: di certo uno spettacolo per gli occhi e per le sinapsi che merita lo schermo più grande disponibile; ma, vuoi anche la mancanza di Zimmer, il dramma e il coinvolgimento emotivo sono inferiori ad altri Nolan.
Non riesco a ricordarmi di dimenticarti ancora dà i brividi dopo anni; la guerra fredda di TeneT rischia di essere un pò fredda anche nel cuore di chi guarda.