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Dunkirk: il war movie secondo Nolan

Dunkirk

Primavera del 1940. Siamo nel pieno della guerra, i tedeschi sfondano sul fronte occidentale, i soldati alleati, sconfitti e circondati sono bloccati nella spiaggia di Dunkirk e cercano con ogni mezzo di tornare a casa, in Inghilterra, situata di fronte alla spiaggia, al di là della manica. Quella che seguì passò alla storia come la battaglia di Dunkerque, in cui circa 400.000 soldati alleati vennero miracolosamente fatti evacuare e riuscirono a raggiungere le coste inglesi. Da qui nasce Dunkirk, ultimo film di Christopher Nolan uscito il 31 agosto in Italia.

Nolan è un regista maestoso, il regista per antonomasia del nuovo millennio. L’unico che riesce a far diventare l’uscita dei suoi film eventi mondiali. Qui per l’ennesima volta riesce a far centro mettendo come non mai tutti d’accordo. La sensazione è quella di assistere al suo film più bello, il più completo. Un film grandissimo in tutto e per tutto.

Dunkirk è uno dei più originali e puri film di guerra che si siano mai visti, ma allo stesso tempo Dunkirk non è un film di guerra. O meglio, è un film di guerra atipico. Il nemico non entra quasi mai nell’inquadratura, non narra chissà che gesta, chissà che eroi, chissà quali violenze e brutalità. Contenuto e forma si collocano in un altrove inesplorato, estremamente personale, come prima di lui aveva fatto Terrence Malick per La Sottile Linea Rossa.

Dunkirk

In Dunkirk quello che viene narrato è l’attesa, attesa che è speranza per 400.000 soldati rifugiati in una spiaggia, di venire salvati e tornare a casa. L’attesa per la corrente giusta, La risacca delle onde, l’incessante avanti e indietro del mare.
Ecco che allora Dunkirk diventa il pretesto definitivo e perfetto per appagare l’ossessiva percezione di Nolan per lo spazio e il tempo. Il tempo è la chiave di tutto, ha in mano le sorti di migliaia di vite e il film è il mezzo attraverso cui Nolan riesce a controllarlo.


Dunkirk diventa il pretesto perfetto per appagare l’ossessiva percezione di Nolan per lo spazio e per il tempo


Tre linee narrative diverse: i soldati che stanno sul molo della spiaggia, un civile che naviga dalle coste inglesi per dare il suo contributo e tre piloti di Spitfire a cui è affidata la difesa aerea. Acqua, terra ed aria.

Dunkirk

Come in Inception ogni contesto ha la sua durata: una settimana per il molo, un giorno per la barca, un’ora in aria. Le linee narrative si intrecciano, si accavallano, vanno avanti e indietro in un vorticoso montaggio fino al bellissimo finale, dove tutto si chiude.
Ogni linea ha il suo ritmo, costate o accelerato, presente in quel ticchettio implacabile che sta lì fin dall’inizio nell’imponente colonna sonora di Hans Zimmer.

Nessun sentimentalismo, nessun trionfo o eroismo, nessuna gloria, nessuna celebrazione come ci si potrebbe aspettare da un film di guerra. Cupo, freddo come il mare, plumbeo come il cielo, Dunkirk è cinema puro, secco, e cristallino dove la storia è in primo piano rispetto alla vita dei personaggi. Qualunque essi siano: gli occhi di Tom Hardy, lo sguardo di speranza di Kenneth Branagh, il terrore di Cillian Murphy la razionalità di Mark Rylance.

Nessuna vittoria, nessuna sconfitta. Soltanto il racconto di migliaia e migliaia di anime anonime in attesa di salvezza.

VOTI FINALI
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Chief editor e Co-fondatore

Cresciuto a massicce dosi di cinema, fin da giovane età veniva costretto dal padre a maratone e maratone di Spaghetti-Western. Leggenda narra che la prima frase di senso compiuto che uscì dalla sua bocca fu: “Ehi, Biondo, lo sai di chi sei figlio tu? Sei figlio di una grandissima……” Con il passare del tempo si è evoluto a quello che è oggi: un cinefilo onnivoro appassionato di cinema in ogni sua forma che sia d’intrattenimento, d’autore o l’indie più estremo. Conteso da “Empire”, “The Hollywood Reporter”, “Rolling Stone”, ha scelto Jamovie perché, semplicemente, il migliore tra tutti.