“Siamo sorvegliati. Il governo dispone di un sistema segreto, una Macchina, che ci spia ogni ora, di ogni singolo giorno“.
L’intro citato apriva ogni episodio di Person of Interest, serie creata da Jonathan Nolan, che di fatto attraverso un soggetto di finzione ha anticipato lo scandalo dei programmi di sorveglianza di massa resi pubblici da Edward Snowden nel 2013.
Con Snowden Oliver Stone è chiaramente dalla parte dell’ex analista di CIA e NSA, l’appello iniziale di Amnesty International che compare sullo schermo sta lì a certificarlo.
Il film ripercorre ben 9 anni di eventi tra il 2004 e il 2013. Edward Snowden è un patriota convinto, desideroso di servire il suo paese, non potrà farlo come soldato a causa di un infortunio, comincerà a fornire il suo contributo agli Stati d’Uniti d’America nel ruolo di informatico, interno ed esterno, per CIA e NSA.
Ed si trova a far parte del vero campo di battaglia, non quello per un po’ di sabbia e petrolio, come sostiene il suo superiore, situato in Iraq o Afghanistan, ma quello virtuale che può spostare i rapporti di forza sul versante economico e politico. Il film mostra un uomo appassionato e geniale nel suo lavoro, un lavoro che crede possa essere utile, per questo è quasi incredulo quando scopre che il sistema di sorveglianza attuato dal proprio paese non è propriamente adoperato ad usi e fini anti-terroristici, bensì un grande occhio che osserva e cataloga informazioni sulla vita privata dei propri cittadini spiando aziende, governi, ed istituzioni persino dei propri alleati.
Il delirio di onnipotenza dell’uomo perpetrato dallo Stato che senza troppi problemi si autoproclama il più grande e potente del mondo. La ricostruzione delle tappe salienti fino all’incontro ad Honk Kong con la documentarista Laura Poitras e i giornalisti Glenn Greenwald e Ewen MacAskill sono narrati senza enfasi, con rigore e uno stile appassionante. Snowden non limita il proprio racconto ai dettagli dello spionaggio di massa, aspetto che da solo poteva alla lunga appesantire la sceneggiatura ma evidenzia le crepe mentali, fisiche ed emotive di un ragazzo che anche nella sfera privata, ha dovuto sostenere una verità dilaniante.
Joseph Gordon-Levitt è impeccabile specie fisicamente nel trasmettere con convinzione le tappe del suo percorso.
Se il giovane analista ce l’ha fatta superando un possibile tracollo è stato grazie al rapporto con la sua ragazza Linsday; il suo personaggio, i momenti intimi con Ed, anche dal punto di vista scenografico e visivo sono una variante di Snowden molto interessante, un fattore che permise ad Edward di non annullarsi, di ricevere calore, spronandolo a compiere una scelta ardua ma necessaria anche per la sua sopravvivenza.
La salvezza, la nuova vita per Edward Snowden è stata ed è la Russia, il paese in cui è ospite come rifugiato politico. La sua lotta per i diritti, per l’informazione e la libertà sono stati accolti da una stato dove i diritti civili e la democrazia sono difficili da sostenere: anche questa è una piccola storia di questa epica pagina di un semplice grande uomo.