Sing Street è una ventata d’aria fresca, un coming-of-age che si trasforma in una delicata storia d’amore. Un film dannatamente ironico e malinconico pieno zeppo di dettagli e rimandi musicali irresistibili.
Dopo lo straziante e minimalista Once e il sottovalutato Begin Again (da noi tradotto simpaticamente con l’aberrante titolo “Tutto Può Cambiare” che di certo non lo ha aiutato in fase di promozione), John Carney torna al cinema e lo fa nel modo che gli riesce meglio: utilizzando la musica come promotore per raccontare storie, sentimenti, vite. Sing Street è il suo film più compiaciuto, un’opera che sfiora la perfezione e tocca vette altissime emotivamente parlando.
In una Dublino di metà anni 80, colpita da una crisi economica da cui sembra impossibile potersi rialzare, vive Conor, quindicenne con la passione per la musica e un talento nello scrivere canzoni. Sarà l’incontro con una bellissima aspirante modella di nome Raphina, inarrivabile per chiunque, il pretesto per fondare una scalcagnata quanto improbabile pop band composta dai membri più sfigati e outsider della scuola. Nascono così i Sing Street.
Nel frattempo il mondo intorno a lui sta cambiando velocemente tra una famiglia che sta andando lentamente a pezzi e una attanagliante crisi economica, saranno l’amore, la musica e l’inossidabile rapporto con il fratellone maggiore “filosofo” a dare a Conor una forza e un coraggio che mai avrebbe pensato di avere.
In pieno splendore videoludico di Mtv, con il brit pop alle porte che da lì a poco esploderà fragoroso e risuonerà per tutta la Gran Bretagna, l’Inghilterra e Londra vengono viste come un miraggio, un sogno, un’occasione di riscatto da raggiungere scappando da quella terra periferica fatta di alcool e depressione in cui i giovani irlandesi si sentivano prigionieri.
Lo strumento più facile per raggiungere tutto questo? La musica. Musica vista come appiglio di salvezza, sogno, arte, amore, vita. La musica che plasma il proprio io, la propria identità. La musica che rende indissolubili i legami tra fratelli e crea rapporti possibili solo nell’adolescenza: l’età dell’assoluto dove tutto appare maledettamente difficile ma allo stesso tempo possibile, vero ed intenso.
Dai Duran Duran ai Clash, dai Clash ai Cure passando per i Spandau Ballet, Conor e i suoi Sing Street attraversano in modo intenso e gioioso le varie fasi rifacendosi al look e al sound, ma cercando di andare oltre le cover ed essere qualcosa di originale. I’m a Futurist continua a ripetere Conor.
Sing Street è un coming-of-age che ha in se i tratti tipici del romanzo di formazione. John Carney scrive e dirige un film nostalgico, una delicatissima e leggera storia d’amore dannatamente esilarante e malinconica piena zeppa di trovate e rimandi musicali furbi si ma che conquistano, e fanno fare su e giù con il piedino, così come gli inediti che sfornano i Sing Street in perfetto stile new-wawe.
Un film vibrante che emoziona ad ampio spettro, supportata da uno script “happy-sad” a prova di bomba coadiuvato da un cast perfetto e in parte, tra tutti Brendan, il fratello maggiore del protagonista, la figura più bella del film. Sing Street è un piccolo gioiello, un film che vedrete con un un sorrisino ebete stampato in faccia.
E adesso musica!