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Mi fanno male i capelli – (2023) – La Recensione

 

Mi fanno male i capelli è la storia di Monica, interpretata da Alba Rohrwacher, che pensa di essere Monica Vitti. La donna purtroppo che sta perdendo la memoria, soffre di una delle tante malattie neuro degenerative che le fa confondere i suo ricordi con quelli dei personaggi dei film di Monica Vitti.

In pratica vive in una bolla, in un film, per fortuna sostenuta ed amata dal compagno interpretato da Filippo Timi. Monica inizia a dialogare con Monica Vitti, ma anche con Alberto Sordi, ripercorrendo momenti della storia del cinema italiano, dai capolavori di Antonioni, la tetralogia dell’incomunicabilità, fino a Polvere di stelle.

La donna dialoga con lo schermo con un’intimità che rimanda a livello subliminale al Michel Piccoli di Ferreri in Dilliger è morto, e a sua volta in un gioco di rimandi e reference a Persona di Bergman e La rosa purpurea del Cairo di Woody Allen.

Intuizioni visive e narrative di una regista geniale come Roberta Torre, 26 anni dopo quel gioiello grottesco di Tano da morire, ma da recuperare sarebbe un po’ tutta la sua carriera.

Mi fanno male i capelli diventa un omaggio al cinema italiano, che appunto stiamo un po’ dimenticando, ma soprattutto è un film molto toccante, interpretato magistralmente.

Una storia nella storia, molto metacinematografica nella quale ovviamente riecheggia la vita della stessa Monica Vitti e quegli ultimi 20 anni a combattere il suo silenzioso male, insieme al marito e regista Roberto Russo.

Bellissime infine le musiche originali composte da Shigeru Umebayashi , celebre per aver scritto la colonna sonora di In The Mood For Love di Wong Kar-wai.

Insomma una pellicola struggente e poetica che rappresenta a pieno il cinema italiano di qualità.  Una merce rara, ma che esiste, c’è e bisogna sostenerlo.