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La società della neve (2023) – La Recensione

 

Il 13 ottobre 1972 un Fokker F27 della Fuerza Aérea Uruguaya con a bordo 45 persone si schianta sulla Cordigliera delle Ande, nel territorio inospitale di Malargüe in Argentina. Ventinove persone perdono la vita, dodici nello schianto, le altre per le ferite riportate, per una valanga e per gli stenti. I sedici sopravvissuti devono far fronte a indicibili sfide fisiche, psicologiche e persino morali e teologiche, davanti alla consapevolezza che l’unica maniera per sopravvivere è quella di cibarsi dei corpi dilaniati e semi congelati delle vittime.

Terzo adattamento cinematografico del celebre disastro aereo delle Ande, dopo il modesto Supervivientes de los Andes di René Cardona film messicano del 1976 e il più noto Alive di Frank Marshall del 1993, La società della neve (La sociedad de la nieve) è forse la migliore delle tre pellicole.

Per il regista Juan Antonio Bayona, non è il primo survivor movie dopo The Impossible con Naomi Watts e Ewan McGregor, ma l’intera filmografia dell’autore spagnolo è percepibile in questo emozionante film d’avventura dal forte impatto emotivo.

La società della neve non è solo una coinvolgente cronistoria di un disastro aereo.

Soprattutto non indugia nel voyeurismo del dolore o dell’atto cannibale. Gli autori non perdono mai di vista l’obiettivo del suo film, intrattenere certo, ma anche soffermarsi su questioni filosofiche e morali.

La sottotraccia della pellicola è infatti l’ambivalenza della fede, tra forza spirituale e immobilismo comportamentale davanti alle prove che Dio, o chi per lui, ci pone davanti. La preghiera o l’ingegnosità, i valori salvifici del credo o la concretezza.

Da un punto di vista tecnico, Bayona si affida molto ai primi e primissimi piani che alterna ai campi lunghi in cui si esalta la fotografia di Pedro Luque. Una dinamica che aiuta lo spettatore a non percepire mai la staticità degli eventi che si svolgono per buona parte nell’arco dei pochi metri dallo schianto.

Il risultato pur se con qualche trascurabile ingenuità narrativa è pregevole e regala una visione tanto intima e umana quanto spettacolare.

Inquietante curiosità: 18 giorni dopo il disastro raccontato nel film, un altro Fokker F 27 si schianterà nelle campagne delle Murge vicino a Ruvo di Puglia, causando la morte di tutti i 27 occupanti del velivolo.