Guardiani della Galassia Vol.2 vede il ritorno del manipolo di eroi alieni che fece incetta di consensi tre anni fa.
Un ritorno calcolato e paraculo, a dire il vero, ma nel senso buono.
E’ il Groot carino e coccoloso, al pari livello con uno Scrat o un Minion (non mi stupirebbe affatto uno spin-off dedicato al rametto); E’ la nostalgia per un tempo che parte del pubblico nemmeno ha vissuto, ma che è dannatamente cool e di moda -gli anni ’80-, tra Pac-man, Stallone, Kurt Russel e persino David Hasselhoff. E’ la baraonda di colori, suoni e situazioni sempre più eclatanti e costentamente over the edge.
A tratti, il film sembra eseguito con un ricettario di ingredienti che fanno figo, come se alla Marvel avessero un algoritmo che tra una sparatoria e l’altra indichi ‘inserire gag’ o ‘inserire riferimento iconico pop’. Forse sono solo un po’ cinico, eppure Guardiani della Galassia Vol 2 intrattiene, e neanche poco; sta però al pubblico la scelta di lasciarsi divertire, senza farsi troppe domande e considerando la bistecca succosa, anche sapendo che non esiste.
Al netto di qualche buonismo che a tratti cade troppo nel disneyano (più che lecito, temo), tra i personaggi c’è alchimia, supportata da attori di talento ed effetti speciali di ottima fattura.
Aggiungeteci l’accesso a un universo cartaceo da cui attingere senza confini, da Ego il pianeta vivente alle numerose strizzate d’occhio ai fan Marvel più incalliti (Howard il papero, Stan lee con gli osservatori, per dirne un paio) e il giusto mood che marca uno stile a sè rispetto la colonna vertebrale più seriosa dell’universo cinematografico Marvel, e otterrete una formula quasi-matematica su cui basare n seguiti a venire.
Non c’è forse la spontaneità del primo, ma è comunque un bel viaggio.