E quindi si. Anche in Paradiso esistono i mostri. Ma siamo sicuri che stiamo proprio parlando del Paradiso?
Perchè da quello che possiamo vedere nell’ ultimo film di Daniel Espinosa, “Child 44”, l’Unione Sovietica dell’epoca, quella a cui risalgono i fatti narrati, non sembra proprio essere un luogo così paradisiaco.
E’ da poco finito il secondo conflitto mondiale, e Leo Demidov (Tom Hardy) dalla guerra è passato all’ MGB, la polizia segreta, quella che aveva il compito diciamo di tenere l’ordine nel paese e lavare i panni sporchi in casa, senza che nessuno sapesse dell’esistenza di questi panni.
Demidov però viene declassato dalla polizia segreta perchè si rifiuta di denunciare la moglie Raisa (Noomi Rapace), ritenuta una spia, e viene spedito in un sobborgo di periferia nei Monti Urali.
Qui però, la sua vita si intreccia con qualcosa che nell’ Unione Sovietica di allora non si pensava (o meglio non si voleva pensare) potesse esistere. Nelle zone vicino alle stazioni ferroviarie molti bambini “spariscono” ed i loro corpi vengono poi ritrovati nelle vicinanze di esse.
Demidov decide dunque di indagare, perchè anche a Mosca, almeno secondo il rapporto dell’MGB, anche il figlio di un suo caro amico, “era rimasto vittima di un incidente nei pressi della stazione”.
La storia narrata nel film di Espinosa è ispirata ai fatti del conosciuto e spietato serial killer Andrej Romanovič Čikatilo, l’uomo che tra gli ani 80’ e 90’ fu soprannominato da tutti “il mostro di Rostov”, il “Cittadino X” , il vero e proprio orco delle fiabe, a cui sono stati ascritti ben 53 omicidi tra donne e bambini.
Espinosa mescola la storia vera con quella romanzata, ed infatti oltre a spostare gli eventi di almeno un ventennio e poco più apporta anche altri cambiamenti alla storia, soprattutto nel finale (elemento che personalmente non ho apprezzato neanche un po’).
Il film però è più incentrato sulla figura di Leo Demidov, interpretato da un Tom Hardy in grande spolvero, che reincarna all’interno della pellicola le due facce dell’Unione Sovietica di allora : quella della polizia segreta che grazie a giochi mentali (e anche fisici) riusciva a far confessare qualsiasi cosa ai loro sospettati (anche che gli asini volano), e quella di chi era sospettato, perseguitato e giustiziato solo per mettere in dubbio delle verità prestabilite che tali dovevano rimanere. Come l’idea di poter pensare che in un posto come quello poteva esistere un serial killer, una persona che commettesse un atto, quello dell’omicidio, che in Unione Sovietica non si era mai verificato (almeno quando non erano gli esponenti del regime a farlo, quello non conta, o come si dice tra bambini, “non vale”).
E sempre con il gioco delle due facce possiamo valutare questa pellicola che se da un lato poco ci da del personaggio Chikatilo molto di più ci mostra del lato oscuro, segreto e inquisitore del regime sovietico di allora, e di come da un momento all’ altro si potesse passare dall’ avere il potere di decidere della vita delle perone ad essere sull’ orlo della fucilazione.
Il film non risulta noioso, gli attori, tra cui figurano anche Gary Oldman e Vincent Cassel convincono, ma quello che più lascia il segno è Hardy, e comunque nonostante il cast sia di prim ordine la pellicola non ha quei sussulti che ci si può attendere da una storia come questa. Momenti di tensione ce ne sono, ma quando arriva il momento di osare un po’ di più il tono si abbassa di nuovo, non raggiungendo mai il picco desiderato.
Buone le ambientazioni, specialmente quelle della periferia russa, delle zone vicine alle stazioni ferroviarie, in cui desolazione, boschi, e appartamenti squallidi e anneriti dal fumo dei treni la fanno da padrone.
La crisi di coscienza di Demidov non riesce ad entrare in piena fusione con la storia delle indagini, come del resto tutto il film, che trattando di un argomento molto cupo e malato non riesce ad arrivare in profondità, alla profondità necessaria ad una storia come questa, rimanendo troppo freddo (non a caso sia il romanzo a cui il film si ispira, il film stesso e molti degli attori sono tutti british).
L’unica scena che prova a spingere molto sull’acceleratore e dove gli attori mettono anima e corpo è quella della rissa nel treno, che difficilmente può essere dimenticata.
La pellicola è ispirata all’omonimo romanzo di Tom Rob Smith e nella Madre Russia è stata bandita in qualsiasi cinema perchè ritenuta dal governo stesso una sorta di cattiva presentazione del popolo e della società russa agli occhi del mondo.
Perchè in un paese come quello gli omicidi non esistono, non accadono certe cose in Paradiso, dovreste saperlo. Non vengono prodotti neanche film di grande livello però, perchè questo, seppur buono, ottimo non lo è affatto.