“Look into my eyes, you see trouble every day”. Queste sono le prime parole di Cannibal Love – Mangiata viva, affidate alla voce di Stuart Staples, leader dei Tindersticks che canta. Non è un caso.
La regista Claire Denis, uno dei maggiori esponenti del New French Extremity (insieme a colleghi del calinbro di Gaspar Noé, Bruno Dumont e Leos Carax), ha usato l’indie band britannica anche nel suo ultimo film High Life (2018). In quella occasione ha fatto cantare (e anche bene) a Robert Pattinson, un altro pezzo dei Tindersticks (link della canzone). Un incipit elegante sul bacio appassionato che respira del cinema di Wong Kar-wai. Ma è solo patina. Andando avanti, ma soprattutto a fondo, il film diventa pian piano un viaggio negli inferi della disperazione umana. Incompletezza, solitudine, sottrazione e privazione.
Il sesso e l’amore che camminano di pari passo per non perdersi, ma soffrendo. Da qui pulsioni irrefrenabili e violenza, sangue, cannibalismo.
Shane Brown (Vincent Gallo) è un ricercatore di una grande compagnia farmaceutica americana. In viaggio di nozze a Parigi con la giovane e bella June (Tricia Vessey), approfitta della permanenza nella capitale francese per una faccenda del suo passato. Cerca infatti disperatamente di rintracciare il dottor Léo Sémeneau (Alex Descas), neuroscienziato ripudiato dalla comunità scientifica a causa delle sue ricerche sugli effetti di alcune piante amazzoniche sui disturbi della libido. Anni prima Shane aveva raggiunto la sua equipe in Guyana e conosciuto sua moglie Coré (Béatrice Dalle), di cui si era immediatamente innamorato. Con la donna Shane condivide una malattia che lui suppone neurologica per colpa della quale non può fare sesso senza che l’eccitazione erotica sfoci in aggressività fisica.
Distribuito col titolo Trouble Every Day e orrendamente tradotto in italiano Cannibal Love – Mangiata Viva, il film non è il primo di Claire Denis. La regista parigina, poetessa della condizione umana, aveva già maturato una lunga gavetta al fianco di autori come Jacques Rivette, Costa-Gavras, Jim Jarmusch, Wim Wenders ed era già al suo quinto film. Aveva già lavorato con Vincent Gallo, nel 1991 nel corto Keep It for Yourself, quando ancora l’attore di Buffalo era sconosciuto. Quindi i due si erano incontrati di nuovo in Nénette e Boni, diretto sempre dalla Denis 5 anni dopo.
Quando si parla di Cannibal Love si fa riferimento alla NFE, corrente cinematografica fertile, ossessiva, violenta, brutale, colta, autoriale e trasgressiva che ha trovato terreno fertile in Francia tra la fine degli anni ’90 e gli anni ’00 .
Slashers, revenge films. home invasion e in molti casi (sicuramente in questo) la “magnificazione estetica del body horror”.
Non c’è edonismo nell’atteggiamento estetico della regista in questo film. Anzi come dicevamo il film è incentrato proprio sulla sofferenza e sulla privazione. Il sesso fa paura ai protagonisti. Soprattutto al magnetico e inquietante Shane che evita la giovane ed innocente moglie per non farle del male. Nonostante ci siano scene di violenza gore, menomazioni di genitali, momenti granguignoleschi e fiotti di sangue, il film è comunque un’elegante e sofferta ricerca dell’animo umano. “Non mostrare le scene di cannibalismo sarebbe stato, per me, inammissibile” – ha detto la stessa Denis – “ho rifiutato il conforto dell’ellisse o dell’allusione esattamente per le medesime ragioni che mi hanno fatto fuggire il pastiche”.