Dopo tre anni i fratelli Coen tornano al cinema con Ave,Cesare! 106 minuti di pellicola anarchica, sfrontata e totalmente squinternata.
Amo in modo viscerale i fratelli Coen e quasi tutto il loro cinema (qualche eccezione è concessa anche a loro), tanto da avergli dedicato un approfondimento ad hoc e qualche saltuaria puntata qua e la in modo totalmente anacronistico, interrotta più per pigrizia e infima malvagità di chi è dietro a questo sito che per altro (ma prima o poi torneremo, non disperate!).
Ecco che quindi aspettare tre anni per un loro nuovo film diventa quasi snervante. Tre anni senza Joel ed Ethan, diamine una tortura! Una carriera durata trent’anni, folgorante originale e perfetta, capaci di reinventarsi in continuazione, attraversando tutti i generi cinematografici declinandoli secondo le loro idee: un mix di ironia demenziale e raffinatezza, dal dramma intellettuale al grottesco dal noir atipico al thriller più classico. Sempre attraverso uno stile unico e ben definibile. Il loro marchio di fabbrica. Post-modernismo, così dicono gli esperti.
Ave, Cesare! sono 106 minuti di pellicola in perfetto stile Coen: anarchica e sfrontata, una narrazione squinternata che sfugge da qualsiasi regola tanto da sembrare scombinata. La Hollywood degli anni 50 raccontata, dentro e fuori dal set, secondo il loro punto di vista.
In un gioco ad incastro di scatole cinesi il fil rogue è rappresentato da Eddie Mannix solido fixer della casa di produzione Capitol Records (ruolo a dir poco cucito addosso al volto granitico di Josh Brolin). Il suo compito? Amministrare, gestire e risolvere tutti i problemi dello Studio System qualunque essi siano: la complicata adozione della diva delle coreografie acquatiche DeeAnna Moran (Scarlett Johansson), cambiare l’immagine del giovane idolo western, del tutto incapace a recitare, Hobie Doyle (Alden Ehrenreich, mea culpa non lo conoscevo, ha talento il ragazzo) attraverso una nuova collocazione attoriale dentro le commedie sofisticate del regista Laurence Laurentz ma soprattutto capire che fine ha fatto Baird Whitlock (George Clooney), la più grande star dello studio impegnata in un epico kolossal in costume: Ave,Cesare! (che da il titolo al film) in cui interpreta un centurione romano folgorato e redento dalla figura del Cristo.
Whitlock è stato rapito dal set da un gruppo di sceneggiatori comunisti, seguaci del Capitale e dediti al loro leader Marcuse.
Ave, Cesare! è metacinema, condito di irriverente ironia in pieno stile Coen, una commedia forse si lontana da precedenti capolavori ma non per questo meno gustosa. Uno specchietto su Hollywood, una lettera d’amore allo stesso tempo cinica e dissacrante che si fa apprezzare per i toni scanzonati e la scrittura di battute comiche sopraffine.
Ave, Cesare! si muove al passo frenetico di Eddie Mannix, sottolineato dal suo continuo guardare l’orologio, trascinati da lui passiamo da un teatro di posa all’altro, da un personaggio all’altro: dalla già sopracitata coreografia acquatica con Scarlett Johansonn nei panni di una sboccacciata donna sirena, al balletto con tanto di espliciti ammiccamenti gay di un magnifico Channing Tatum che rifà Gene Kelly.
Il cinema è un circo (è la metafora più utilizzata nel film) popolata da strani e bizzarri personaggi, che mercifica l’arte e produce sogni sfruttando tutti per dirla con le parole degli sceneggiatori marxisti (a proposito, il richiamo al recentissimo Trumbo è forte).
Cinema, Religione, Caos e Destino elementi onniscienti e ricorrenti nella poetica dei fratelli del Minnesota raccontati in modo leggero e sofisticato. Ave, Cesare!