Prospettive ribaltate, sberleffi, ironia a palate, Ant Man non ci pensa nemmeno un attimo a prendersi sul serio. Quello che ne esce è un atipico heist movie che fa sbellicare dalle risate.
Circa una decina di anni fa, i due registi britannici più cool in circolazione, Edgar Wright (Trilogia del Cornetto) e Joe Cornish (Attack The Block), entrambi con un forte pedigree ben definito alle spalle, decisero di entrare nel mondo dei superhero hollywoodiani facendo loro il personaggio di Ant Man, cullando e coccolando l’idea. L’anno scorso, a pochi giorni dalle riprese, dopo anni e anni di pre-produzione, a sceneggiatura ultimata e con cast in gran parte definito succede l’impensabile: per insormontabili divergenze creative con il duce deux ex machina dei Marvel Studios Kevin Feige i due inglesi se ne vanno sbattendo la porta e viene chiamato a sostituirli un Mr. Nessuno, un discreto mestierante con all’attivo solo qualche manciata di commedie un certo Peyton Reed (Yes Man), e lo sceneggiatore Adam MacKay (Anchorman) viene incaricato insieme ad Ant Man stesso, Paul Rudd, di rimettere mano al famigerato script.
Poteva essere dunque un disastro, come in genere succede quando ci troviamo di fronte a queste tribolate produzioni. Poteva appunto. Perché il risultato finale è invece qualcosa di veramente sorprendente e il merito è senz’altro di Peyton Reed che ha saputo adattare il suo lavoro alla sceneggiatura di Wright e Cornish (i due inglesi sono infatti rimasti come credits dello script e si vede). Non sapremo mai come sarebbe stato l’Ant Man di Wright se egli fosse rimasto in cabina di regia, ma ormai, a fronte di lavoro ultimato, questo paragone appare ingiusto nei confronti di Reed.
Bene, dopo questo lungo, prolisso ma doveroso incipt arriviamo al film. Protagonista della storia è Scott Lang, eroe sui generis con un master in ingegneria elettronica, applica i suoi studi in maniera diciamo “alternativa” diventando un ladro, nemmeno troppo bravo per giunta visto che entra ed esce in continuazione dal carcere.
Finchè non incappa durante un colpo, in maniera più o meno fortuita in questa strana tuta, capace di far rimpicciolire chi la indossa. Contatto dallo scienziato inventore, Hank Pym (un ottimo Michael Douglas) che da tempo monitora i movimenti del nostro ladro, Lang si troverà di fronte alla difficile decisione, quella di diventare Ant Man e di progettare assieme a Pym un pericoloso colpo al fine di salvare il mondo.
Prospettive ribaltate, alternanza di micro e macro mondo, sberleffi, ironia a palate, Ant Man non ci pensa nemmeno un attimo a prendersi sul serio, e quello che ne esce è un atipico heist movie fantascientifico che fa sbellicare dalle risate, e che abbatte a colpi di sarcasmo quell’arroganza e pretenziosità che molte volte contraddistingue gli altri cinecomic, Marvel compresa.
Se Guardiani della Galassia è rock puro, questo Ant Man si posiziona subito qualche gradino sotto. È un film che ha cuore, intrattiene, diverte, che non presenta mai fasi di stanca, uno dei pochi film della Marvel che non soffre di forzati allungamenti al fine di portare avanti inutilmente la trama.
Difetti? Un nemico inutile e monocorde, monodimensionale, ricalcato con pigrizia sugli altri antagonisti. La Marvel deve avere una sorta di avversione verso i villain se sono tutti, fatta eccezione per Loki, così piatti e monodimensionali.
Per quanto riguardo il resto del cast se Paul Rudd è perfetto nei panni di Ant Man, antieroe per puro caso, è Michael Pena, nei panni della spalla del protagonista, il migliore del gruppo. Il suo personaggio fa letteralmente sbellicare ed è quando entra in scena lui che si avverta maggiormente l’influenza di Wright.