Orecchie

Sezione: Biennale College Cinema


Affrontare la quotidianità frastornante è già una sfida. Svegliarsi con la sensazione di stordimento è ancora più fastidioso.
Con questa sequenza si apre Orecchie: un uomo, di cui non sarà mai citato il nome, si sveglia al mattino con un seccante fischio alle orecchie. La sua ragazza, Alice, gli ha lasciato un biglietto comunicandogli che il suo amico Luigi è morto.

Quella giornata, ritratta in una Roma in bianco e nero, sarà un viaggio per quest’individuo fatto di incontri surreali, situazioni bizzarre e persone indifferenti. Nessuno sembra badare a ciò che dice, al suo problema; medici cialtroni si prendono gioco di lui, le opportunità lavorative non si concretizzano, e intanto non riesce a liberarsi da questa interferenza, e poi chi è Luigi?, amico di cui non ricorda niente.

Le inquadrature ampie, le conversazioni incerte, i primi piani di un uomo assente fanno di Orecchie, secondo lavoro di Alessandro Aronadio, un racconto che partendo da una situazione comica dice molto del disagio di una persona che respinge la semplicità della vita scegliendo di ascoltare il rumore dei pensieri. Allora i fischi sono la metafora del rifiuto di abituarsi al mondo, la paura degli altri. La sceneggiatura restituisce mediante uno stile narrativo insolito la difficoltà delle persone, come il  supplente di filosofia e storia protagonista di Orecchie, nel trovare un minimo di empatia con la realtà optando invece per un isolamento emotivo, estraniandosi dagli altri in un universo compresso.

Orecchie, grazie anche al cameo di Rocco Papaleo, ci regala un finale corale, dove lo smarrimento esistenziale può evolversi convivendo con il fischio delle orecchie.
Segnaliamo la buona prova di Daniele Parisi, all’esordio cinematografico in veste di attore.

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Redattore

- Il cinema per me è come un goal alla Del Piero, qualcosa che ti entra dentro all'improvviso e che ti coinvolge totalmente. È una passione divorante, un amore che non conosce fine, sempre da esplorare. Lo respiro tutto o quasi: dai film commerciali a quelli definiti banalmente autoriali, impegnati, indipendenti. Mi distinguo per una marcata inclinazione al dramma, colpa del Bruce Wayne in me da sempre. Qualche gargamella italiano un tempo disse che di cultura non si mangia, la mia missione è smentire questi sciacalli, nel frattempo mi cibo attraverso il cinema, zucchero dolce e amaro dell'esistenza -