Preceduto da un trailer e da una sterile e italianissima polemica politica, arriva in sala il nuovo film di Checco Zalone, o forse dovremmo dire il primo.
In una curiosa e ancora non ben chiarita genesi, il comico pugliese infatti ha esordito dietro la macchina da presa, al posto del fidato Gennaro Nunziante, regista delle sue precedenti pellicole.
Partendo dal soggetto e dalla sceneggiatura con Paolo Virzì, regista mancato di questa opera, Zalone dà un taglio netto con il suo passato cinematografico. Con Tolo Tolo il regista realizza una pellicola concisa e snella nella sua durata che cavalca la regressione populista/leghista e l’imbarazzante arroccamento ideologico italiota. Zalone affronta di petto questa convinzione nostrana che l’unico male dell’Italia, altrimenti perfetto e lichtensteiniano paese, sia l’invasione straniera.
Tolo Tolo dunque fa già ridere nella misura in cui abbiamo immaginato questi grossolani primati scoprire che Zalone in realtà non ha mai parteggiato con la loro causa.
Chiusa questa dovuta premessa affrontiamo con serenità critica la nuova prova del comico di Capurso.
Come nei precedenti film anche in Tolo Tolo, Zalone invita lo spettatore a riflettere e a specchiarsi negli stereotipi del Belpaese.
L’italiano diventa viziato, capriccioso, vanesio. Un finto self made man, più preoccupato di apparire che di essere. Emblematica la scena in cui il protagonista butta via i soldi per la sua ossessione verso la Platinum. In questo Tolo Tolo rimane fedele alle intenzioni del suo autore/mattatore: inserirsi a pieno titolo e con cognizione di causa nella commedia all’italiana classica.
Zalone può farlo, ne ha il talento.
Purtroppo però Tolo Tolo nonostante i buoni propositi e le colte citazioni cinematografiche, risente troppo della mancanza di un regista di professione come Nunziata. Una figura che avrebbe sicuramente conferito alla pellicola maggiori strutture coesive e un ritmo meno altalenante. Il progetto inoltre, eccessivamente ombelicale nel modo in cui viene sviluppato si perde l’empatia del pubblico, ma soprattutto soffoca la naturalezza comica di Zalone.
Resta il tema di fondo, la farsesca condanna ai rigurgiti fascisti e all’ipocrisia di tutte le parti in causa sul tema immigrazione, oltre a qualche boutade e situazionismo molto divertente.
Forse troppo poco per un comico decisamente talentuoso.