Cast mostruoso, dialoghi serrati e auto-citazionismo spinto: questa l’estrema sintesi di The Hateful Eight, ultima gloriosa fatica di Tarantino.
Con un budget speso in massima parte per girare con un metodo che definirei poco gentilmente vetusto -in 70mm, con lenti vecchie di 50 anni, e che statisticamente è improbabile potrete godere-, The Hateful Eight è senza dubbio una delle miglior pellicole di Tarantino, facilmente la migliore dai tempi di Kill Bill.
Il motivo, a mio avviso, è l’equilibrio: se prendiamo le sue ultime opere, abbiamo momenti di cinema altissimo (L’incipit di Bastardi senza gloria è qualcosa di unico), ma in pellicole che si dilungano e perdono a tratti il focus, perse tra retorica o esercizi di una persona che senza dubbio ama alla follia il cinema, a volte a discapito di chi è dall’altra parte della pellicola stessa. Mi sono trovato quindi ad arrivare stanco dopo ore di film … ma The Hateful Eight, pur essendo tutt’altro che breve, mi ha preso fino ai titoli di coda.
Sebbene buona parte del film si svolga in interni, le scene all’aperto sono davvero suggestive, presentandoci subito parte degli odiosi otto: Il cacciatore di teste John Ruth (un Kurt Russell decisamente nella parte), con al seguito Daisy, sua prigioniera di cui dovrà prendere la ricompensa.. previo impiccagione, ovviamente!
Leigh nella parte di Daisy è semplicemente perfetta, nonchè anima gemella per il linguaggio pulp di Tarantino; certamente L. Jackson non è da meno, avendo di fatto le migliori one-line del film -e il miglior anedotto: la storiella del Maggiore Warren lo rende di diritto il bad motherfucker della compagnia.
Presto in compagnia di altri loschi individui, chiusi per giorni in un rifugio, i nodi verranno al pettine, e capirete presto che nulla è come sembra (titolo compreso).
Unico neo, se di neo vogliamo parlare, è l’amore del regista verso il citazionismo, che qui trova sfoggio in auto, citazionismo.
Non potrete non pensare a Le iene nella seconda parte; la suddivisione per capitoli è praticamente una costante della filmografia tarantiniana, e almeno un fotogramma è praticamente replicato da Kill Bill. Il resto lo fa il cast, ormai ridondante negli anni.
Detto questo, un film notevole, che merita di essere visto nella sala più grande che riuscite a trovare!