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La solitudine di un amore: In the mood for love di Wong Kar-wai (2000)

All’alba del terzo millennio, un regista hongkongese aveva già realizzato uno dei film più belli degli anni duemila in assoluto. Wong Kar-wai, regista di punta del nuovo cinema di Hong Kong, saluta il nuovo millennio con un capolavoro etereo, evanescente ma poeticamente tangibile: In the mood for love. Una pietra miliare del cinema mondiale, un film dalla potenza espressiva inimitabile. Sguardi, sorrisi, lacrime, parole non dette che parlano e dicono più di mille verbosi discorsi.

La storia di un amore che non avrebbe dovuto essere. Però è stato. Due coppie vicine di casa divise a metà: una metà in campo e l’altra metà fuoricampo. Vediamo solo Chow (Tony Leung) e Li-Zhen (Maggie Chung), non ci vengono mai mostrati la moglie di lui e il marito di lei, entità fantasmatiche che sembrano più un pretesto che una realtà. Il marito di Li-Zhen la tradisce con la moglie di Chow. Ha inizio un rapporto tra i due protagonisti silenzioso e innocente fatto di null’altro se non tempo speso insieme con l’eleganza e la grazia che solo un regista come Wong Kar-wai poteva mettere in scena.

L’eleganza dell’ordinario.

L’occhio del regista ci guida nelle vite di due persone comuni, allontanandoci da tutto ciò che potrebbe essere minimamente spettacolare. Wong Kar-wai abbandona la spettacolarità dello straordinario (come accadeva, per esempio, in Ashes of Time o come accadrà, in futuro, in The Grandmaster) per avvicinarsi all’eleganza del’ordinario. La realtà si sviluppa nel fluire irregolare del tempo (frequenti sono i rallenty) e la macchina da presa di Wong riesce ad elevare ad opera d’arte anche la più banale delle cose: spesso indugia in dettagli insignificanti ma che dettano la cifra stilistica del film, come le volute leggiadre e innocentemente bianche del fumo che si propaga dalle sigarette di Tony Leung.

Un amore innocente e intonso, abbiamo detto, che si sprigiona in un’ondata rossa: il colore rosso, unica valvola di sfogo di una passione tarpata dalla penna dello sceneggiatore, domina ogni fotogramma del film. Il rosso del rossetto che decora le delicate labbra della fantastica Maggie Chung, il rosso dei suoi vestiti, il rosso della carta da parati di una stanza in cui i due si rifugiano.

Pura poesia della solitudine, una solitudine che tira il freno nel rapporto tra i due protagonisti, forse memore del lungo monologo che occupa l’intera durata del film di Gaspar Noè Seul contre tous, “Si nasce soli, si vive soli, si muore soli. Soli, sempre soli”. Chow e Li-zhen sono soli anche quando sono insieme, nonostante l’affetto che l’uno prova per l’altra. Si amano ma non possono amarsi completamente.