Rocco è stato presentato durante le Giornate Degli Autori al Festival di Venezia 2016
Ciascuno di noi ha una propria ossessione, un demone interno, l’ossessione di Rocco Tano, in arte Rocco Siffredi si trova in mezzo alle proprie gambe.
In Rocco i registi THIERRY DEMAIZIÈRE & ALBAN TEURLAI tentano di svelare i tratti più umani, intimi della leggenda del porno.
La voce narrante di Rocco Siffredi è la protagonista della prima parte di questo film documentario in cui il celebre divo vuole realmente spogliarsi mostrando l’anima di un uomo celata dalle luci di un mondo eccitante e controverso.
L’infanzia, i rapporti con la madre, il dolore per la perdita del fratello accompagnano l’attore in un percorso che tende ad essere il più naturale possibile, quasi fosse un confessione. Si perché può sembrar paradossale ma più volte Rocco dichiara di provare un senso di colpa, verso se stesso e in particolar modo verso sua moglie; da un lato c’è questo amore forte, morboso, viscerale verso il sesso, dall’altra quasi un senso di sconforto, di qualche sorta di fallimento personale.
Proprio il punto di vista, le emozioni della famiglia che ha creato sono l’aspetto più dolente del film al quale viene riservata una pagina sbiadita per mezzo delle poche impressioni della moglie Rósza e lo spaesamento che sembra aleggiare sugli occhi e volti dei suoi due figli.
Quando l’attenzione si concentra sul Rocco performer il tono cambia, non che il ritmo sia incalzante ma nel mostrare il dietro le quinte, i personaggi secondari, gli incontri del mondo dell’hard il film raggiunge genuinità: il confronto a volte comico con il cugino Gabriele, che da trent’anni lo assiste nella produzione dei suoi lavori, la passione che traspare in ogni fase della preparazione, la complicità che sa instaurare con le attrici raggiungendo un’empatia mistica, la venerazione che le attrici più giovani gli riservano ritraggono l’identità del vero Rocco.
Esiste davvero l’altro Rocco? L’uomo acciaccato, che sente il peso di un lavoro snervante, la persona a suo modo incompleta, infelice, incapace di convivere sino in fondo con il “diavolo” che ha scelto di servire. Il film non è efficace nel renderlo credibile, non aiutano anche le sonorità cupe (che diventano fastidiose) che affiancano la narrazione come a voler imporre il ritratto di un uomo ambiguo che sembra ripudiare la propria ragione di vita.
I registi e lo stesso Rocco non volevano realizzare un’agiografia del personaggio e in parte ci sono riusciti, il film però non restituisce quella spontaneità, quella naturalezza a cui ambivano.
Niente paura: in Rocco il mito non rischia di perdere il suo fascino e la sua fama ma il prodotto finale che ne esce è abbastanza astratto.