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Revenge- La recensione

Revenge

Non avrebbero potuto scegliere momento migliore per distribuire il primo vero lungometraggio della regista francese Coralie Fargeat, intitolato Revenge.

Un nome del genere per un film appartenente al filone rape and revenge potrebbe risultare, ai più, insipido e banale. Così sarebbe se solo esso non fosse così diretto, efficace e d’impatto. La Fargeat, difatti, meglio non avrebbe potuto denominare la sua opera cruda se non col titolo Revenge.

La vendetta stessa, la quale altro non è che l’emblema stesso che viene qui portato sul grande schermo.

Revenge

Il pubblico sentiva un triste bisogno di affermazioni femminili in circostanze dove gli affari maschilisti son stati completamente smascherati e rivoltati dalla tenace dignità di donna. Tale rivalsa ha avuto il suo riscontro nell’arte filmica.

Coralie Fargeat prepara così, infatti, un manifesto di rettitudine e trionfo.  

Qualcosa sta proseguendo verso una mutazione politica e umana, talmente tanto da sfociare nel cinema che, per buona o cattiva sorte, parla a cuore aperto a tutti. La riapparizione del rape and revenge, genere non molto fruttuoso nella storia, ne è una testimonianza eclatante.

Revenge

Sono ben fuori mano i tempi di Non violentate Jennifer di Meir Zarchi (di cui la Fargeat prende in prestito il nome per la propria protagonista). Il genere nato negli anni ’70 è tornato in usanza e riesce nel compito di mostrare, come spiega il proprio titolo assegnatogli, uno stupro di donna con la conseguente vendetta. Molte opere rubano i concetti del filone per portare in scena elementi forti ed espliciti, talvolta motivo di censura.

Revenge, tuttavia, si avvicina più allo scopo morale dei film d’exploitation, di cui il rape and revenge è discendente, per argomentare attraverso un’esplicita carneficina su messaggi ancor attuali. 

La vittima (e futura Rambo) delineata dalla Fargeat è inizialmente un’oca travestita da Lolita. Una giovane piena di sé, che, ingenuamente, pensa di poter mostrare il suo corpo come una merce da vendere. La Jennifer interpretata dalla promettente e iconica Matilda Lutz, modella italiana, è un prototipo di giovane primitiva. Un’esca per lupi affamati che non aspettano altro che la circostanza, il silenzio e la debolezza.

Revenge

Nonostante un personaggio poco approfondito e superficiale, Revenge ci mostra come i dilemmi della vita possano trasformare. Il messaggio che ci arriva è forte e chiaro: una donna non deve essere costretta ad agire nel modo in cui vogliono gli altri. La vicenda ricalca sfumature irrealistiche e metafisiche, proprio perché Revenge è un lungo cammino allegorico.

Pochi elementi riescono a trasudare significati ben celati. Lo stesso nudo maschile proposto dalla regista francese, è una ribellione artistica nei confronti del corpo femminile, strumentalizzato e utilizzato come mero oggetto visivo e sessuale per anni.

Il dolore rende più forte la futura eroina della Fargeat, che, dopo esser stata privata di sé stessa, ha la propria resurrezione.

Revenge

Revenge si presenta come un film che non delude in alcun modo le aspettative prefissate. La prima parte della sanguinolenta opera francese è diretta e sbrigativa, ma sussegue poi un ribaltamento action e insanguinato. Coralie Fargeat ha saputo partorire il rape and revenge con la più bella, suadente e delirante regia della storia. Se il thrilling viene messo in scena con aridità, il tema survival e la componente horror vengono presentati con arguta capacità.

Lo sguardo femminile della Fargeat è servito a dare una nuova opinione sia sulla vita, che sul mondo cinematografico. Uno sguardo fatto di deliri di sangue, rinascita di carne e sofferenze allucinogene, destinato a divenire un’icona di denuncia.