Tenetelo a mente questo regista.
Se non conoscete ancora il cineasta americano Ari Aster cominciate a conoscerlo meglio.
Si perchè dopo degli apprezzatissimi cortometraggi e la sua stupenda opera prima, Hereditary, il regista ci propone unaltra pellicola di tutto rispetto.
Stiamo parlando di Midsommar, l’horror / thriller ambientato in Svezia che rende ancor più solido il curriculum di Aster.
Un nuovo film incentrato sulla rielaborazione del lutto, ma senza il demonio o gli spiriti maligni.
Stavolta al centro della storia c’è un paganesimo tanto strambo quanto macabro e crudele, reso ancor più subdolo da tanto fumo, dalla gentilezza della comunità in questione, e dall’onnipresente luce bianca della lunga estate svedese.
Un tradizione che, quella della festa del solstizio d’estate, che sarà tanto interessante quanto pericolosa per i protagonisti del film, a cominciare dalla giovane Dani Ardor (la bravissima Florence Pugh), che per staccare la spina dopo tragici eventi familiari si dirige proprio in un piccolo paesino svedese con il suo ragazzo Christian (Jack Reynor) ed i suoi amici (dove c’è anche quel Will Poulter che avrebbe dovuto essere il volto al nuovo Pennywise).
Sole, natura, un ambiente completamente diverso per la povera Dani che deve cercare di risollevarsi fisicamente e mentalmente.
Ed inizialmente sembra cosi.
Persone cordiali, ambiente stupendo, la luce del sole sempre presente, anche di notte.
Ma sotto quella luce, si nasconde tanta oscurità.
Altro centro raggiunto da Ari Aster con Midsommar.
Una pellicola che pur con i suoi 140 minuti di durata ed un ritmo lento, soprattutto all’inizio, tiene incollato lo spettatore e lo porta in pieno all’interno della piccola e stramba comunità svedese pronta a festeggiare il solstizio d’estate (e non solo).
L’accelerata finale passa dal thriller all’horror più classico, ma la forma che Aster da al tutto è molto diversa e ben curata rispetto ai soliti horror tutti virus o diavoletti che siamo abituati (purtroppo) a vedere in sala.
Una violenza e un senso di macabro che non urla, che non si mostra spesso (seppur con qualche scena molto diretta e ben congeniata) ma che seduce, inghiotte e poi divora i protagonisti.
Un ambiente che sembra ottimo per rigenerarsi, ma che da subito ci da quel senso di qui c’è qualcosa di malato che poi si rivelerà in tutto il suo splendore.
Lo splendore di quella Svezia estiva tutta prati verdi e luce, una luce onnipresente, anche di notte, come quel senso di malessere che accompagna il gruppo di vacanzieri per tutta la prima parte del film.
Una luce che accoglie, abbaglia, acceca, e che piano piano ti brucia, anima e corpo.
Musiche fantastiche, una fotografia eccellente, regia impeccabile, e la straordinaria prova della giovane Florence Pugh (un’attrice che non ha per nulla viso e corpo da diva ma che ci sa fare, e anche tanto), fanno di questo Midsommar un horror molto diverso e nettamente superiore a tutto il resto che putroppo da troppo tempo passa nelle nostre sale.
La coerenza narrativa è presente dal primo all’ultimo minuto.
Il tema della rielaborazione del lutto è trattato da Aster in maniera ottima, grazie a simbolismi e metafore create a tavolino ma ottimamente orchestrate.
A fare da sfondo a tutto questo una comunità, i suoi riti pagani, che tanto inneggiano alla vita, ma che pretendono anche il loro tributo, di sangue, e non solo.