Un tempo uomini e maghi convivevano pacificamente ma ora quel tempo è terminato. Ed è subito guerra. Il mago Modred assale con le sue schiere il castello di Uther Pendragon ma nemmeno l’immensa potenza del mago può nulla contro il potere di Excalibur.
Sarà un tradimento a decidere le sorti del regno, ed a far si che il giovane Artù sopravviva e cresca in un bordello di Londinum fino al giorno in cui estrarrà la famigerata spada nella roccia, accendendo così la fiamma della rivolta contro il tiranno Vortinger.
Riuscirà Artù a gestire l’enorme potere derivato dalla spada ed a rovesciare la tirannia che opprime Camelot?
Guy Ritchie lo ha fatto di nuovo. Dopo aver rimescolato e reso “Pop” la figura di Sherlock Holmes il regista prova ad usare lo stesso trattamento per il leggendario Re di Camelot.
Dimentichiamo i vari Artù cinematografici che spesso raffiguravano il personaggio maturo e saggio, qui il futuro re è un “BADASS” spaccone ma dal cuore d’oro come la tradizione dei reboot/remake moderni impone.
La pellicola (ispirata all’opera del XV secolo “La morte di Artù” di Thomas Malory) racconta in chiave pop la genesi di Artù ed il suo percorso di formazione che lo porterà a diventare re.
Il regista trae ispirazione (abbastanza spudoratamente) dal Signore degli Anelli e attinge a piene mani sia dalla saga cinematografica (un esempio la torre del potere del cattivo Vortinger, che richiama la torre di Sauron) sia dai videogiochi della serie (si nota soprattutto nelle scene quando Artù impugna la spada con entrambe le mani). Il film, per non scontentare nessuno, strizza l’occhio pesantemente anche al Trono di Spade (tramite ambientazioni, fazioni di vario genere e con Michael McElhatton, il Roose Bolton della serie tv), dando sempre la costante sensazione che da un momento all’altro possano comparire in scena i personaggi di Westeros.
E cosi per un paio di ore, tra una scena al rallentatore ed una velocissima, tra un’interrogatorio su più piani temporali (scena immancabile nei film di Ritchie) ad un combattimento con degli animali brutti fatti in CGI (con un budget di 175 milioni di dollari era lecito aspettarsi di meglio) il film scorre liscio e senza intoppi verso il finale più che scontato.
Nota di merito alla battaglia iniziale ben diretta e veramente epica. Visivamente l’attacco degli elefanti controllati magicamente è il momento migliore di tutto il film.
Altro punto a favore della pellicola è la stupenda colonna sonora sempre azzeccata e funzionale alle scene. Il brano “The devil and huntsman” risuonerà nella testa dello spettatore per più e più giorni.
Il cast presenta tre attori di gran presa sul pubblico. Il peso massimo è Jude Law (già attore per Ritchie nei due Sherlock Holmes) che interpreta l’usurpatore Vortinger, villain disposto a tutto pur di ottenere il potere. Di antagonisti di questo genere la storia del cinema è piena e neanche il pur sempre ottimo Jude riesce a dare quello spessore e quel carisma che trasforma un cattivo da insipido a indimenticabile.
Erica Bana (Troy, Hulk, Munich) veste i panni di Uther Pendragon padre di Artù e fratello di Vortinger. Ruolo importante ma che sullo schermo si vede veramente poco.
Per l’Artù glamour e palestrato la scelta è ricaduta su Charlie Hunnam (il meraviglioso Jax Teller di Sons of Anarchy) scelta azzeccata visto il ruolo molto fisico e standing ovation del pubblico femminile in sala. Poca espressività ma molta fisicità lo conducono verso un’onesta prova attoriale.
In un piccolo cameo c’è “nientepopodimeno” che la superstar del fashion ed ex calciatore David Beckham che interpreta un soldato ustionato chiamato “Lo Sfregiato”. Scelta spero voluta vista l’aria di perfezione che aleggia da sempre sullo “Spice Boy”. 30 secondi e tre battute dopo “lo Sfregiato”scompare per sempre. Questo è tutto.
King Arthur: Il potere della spada è un film accattivante in superficie ma tristemente vuoto con il passare dei minuti, dove l’effetto “videogame” la fa da padrone sacrificando la già precaria caratterizzazione dei protagonisti e l’empatia che si dovrebbe provare per loro. Rimangono la buona colonna sonora ed un paio di scene confezionate a regola d’arte ma niente di più.
E dopo aver visto il film ci si chiede: Vedranno mai la luce i 5 sequel che ha in mente la Warner Bros?? Al botteghino l’ardua sentenza.
Articolo a cura di: Daniele Longarini