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Juliet, Naked – Nick Hornby e la nostalgia degli anni ’90

Annie (Rose Byrne) è tornata a vivere nella sua città natale a Sandcliff in Inghilterra, per portare avanti il lavoro del padre nel locale museo. Ha una relazione monotona e infelice con Duncan (Chris O’Dowd), fissato per il musicista Tucker Crowe (Ethan Hawke), songwriter scomparso nel nulla.

Una specie di Jeff Buckley, autore di un unico album grunge-melodico inciso nel 1993.

Per una serie di fortuite combinazioni Annie entra in contatto proprio con l’idolo/ossessione di Duncan . L’artista oggi è ben lontano dalla rock star indie che era stato 20 anni prima e tra lui e la bella Annie nasce una relazione epistolare tenera e confidenziale che sconvolgerà la vita di tre protagonisti.

Juliet, Naked è una classica romcom a tema musicale tratta da Nick Hornby, già autore per lo schermo di pellicole come Alta fedeltà e About a boy.

Ma Juliet, Naked potrebbe essere presentato anche come una sorta di Giovani, carini e disoccupati venticinque anni dopo, un esempio di come sono/siamo diventati noi, uomini e donne della Generazione X, con i nostri sogni e le nostre aspirazioni artistiche, dopo che la vita s’è messa di mezzo con figli e acciacchi. Il Tucker Crowe di Ethan Hawke sembra un antidivo, idealmente e fisicamente più simile a Dude Lebowski, nel suo essersi arenato in un’impasse artistica e i suo conti da pagare. Un drop out anni 90 che forse ha ancora qualche cartuccia, musicale e sentimentale, da giocarsi. Da questo punto di vista il film, diretto da Jesse Peretz (Quell’idiota di nostro fratello) ha i toni elegiaci e teneramente romantici di chi rimpiange la gioventù mid90’s e il grunge come stile di vita.

Una commedia pigra e colta, delicata e old style. 

Non solo formalmente (Peretz non è certo un innovatore del cinema indie), ma anche nei contenuti. Juliet, Naked infatti non si discosta molto dalla struttura “boy-meets-girl” tra rotture e riconciliazioni, cinico umorismo (si sente la presenza di Apatow nella veste di produttore) e voglia di provare di nuovo le emozioni di un tempo.

Il titolo fa riferimento a quell’unico disco (Juliet appunto) scritto da Crowe e registrato e prodotto senza arrangiamenti, “rozzo” (Naked). Ennesimo ammiccamento agli unplugged che spopolavano negli anni 90.