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Dio esiste e vive a Bruxelles (2015)

L'ultimo film di Jaco Van Dormael - il regista di Mr. Nobody - è una commedia grottesca dai toni amari, per riflettere tra una risata e l'altra

Pili Groyne nel ruolo di Ea
Jaco Van Dormael è un regista, sceneggiatore e drammaturgo belga, famoso soprattutto per il film Mr. Nobody (2009), interpretato da Jared Leto. Il suo primo lungometraggio fu Toto le héros – Un eroe di fine millennio del 1991, cui fece seguito L’ottavo giorno (1996).
L’ultimo lavoro è stato, nel 2015, Dio esiste e vive a Bruxelles, un film brillante in cui Dio è un sadico uomo che attraverso un computer in stile anni ’90 crea, gestisce e distrugge le vite degli esseri umani, quasi fossero degli avatar di un videogioco. Di fronte alla cieca crudeltà  di questo dio, il figlio JC decide di andare sulla terra in cerca di dodici apostoli per riportare l’ordine nel mondo. L’impresa, tuttavia, fallisce; sarà  così compito della piccola Ea ricostituire nuovamente la comunità dei seguaci. Si arriverà dunque a diciotto apostoli: 18 come nel gioco del baseball, di cui la Dea, moglie silenziosa e sottomessa di Dio, è una grandissima fan.
 
La Dea è incapace di ribellarsi al proprio marito. Solo Ea può a questo punto fare qualcosa per porre fine ai capricci di Dio. Su consiglio del fratello JC, che i genitori credono scappato per sempre da casa ma che, in forma di statuetta, ancora può comunicare con Ea, la ragazzina decide di entrare nello studio-bunker del padre e di manomettere il computer, dal momento che senza di esso Dio non è niente. Il risultato – disastroso per i mortali – sarà quello di rivelare a tutti gli uomini la data del loro decesso. Un messaggio compare sui cellulari di ciascuno: ti restano da vivere… e da qui parte un più o meno lungo conto alla rovescia.

Cosa succederebbe se sapessimo anno, giorno e ora in cui moriremo? C’è chi decide di spendere tutti i soldi che gli sono rimasti in donne, giusto per godersi ciò che la vita ha da offrire; chi passa il proprio tempo inerte, incapace di fare qualsiasi cosa dato che qualsiasi cosa finirà presto; chi decide di rivelare il proprio sé facendo coming out, senza più paura dei (pre)giudizi della gente. Queste sono solo alcune delle scelte che il film ci presenta, ma ce ne sarebbero miliardi di altre, potenzialmente una per ogni abitante della Terra.

I sei apostoli di cui Ea va alla ricerca sono dei perduti, uomini e donne che non trovano più un senso alla propria vita. Solo alla fine si renderanno conto che, nonostante la paura della finitezza, esiste nell’uomo un bisogno di agire e di re-agire per indirizzare la propria esistenza ad uno scopo, che non conduca solo alla fine in senso puramente biologico, ma che dia un vero e proprio senso ai giorni (in questo caso, letteralmente contati) di cui noi tutti disponiamo.

Ea (Pili Groyne) manomette il computer di Dio e fa sapere agli uomini la data della loro morte
Scritto da un clochard che sa a mala pena la grammatica, il Nuovo Nuovo Testamento, raccoglie le storie dei sei nuovi apostoli, le quali finiranno per intrecciarsi tra loro: Aurélie, il cui braccio sinistro è stato portato via dalla metropolitana quando era bambina, è la prima prescelta. Per quanto bellissima e desiderata da molti uomini, evita ogni rapporto sociale.
Il secondo apostolo compie un lavoro grigio e monotono, che non gli offre alcuna soddisfazione. A seguito di una surreale ma quanto mai rivelatrice chiacchierata con la ragazzina, si rende conto di avere la possibilità di dare una svolta alla propria vita. Perché [l’uccellino] resta in questo parco se può andare via? – si domanda Jean-Claude, rendendosi poi conto che nessuno lo obbliga a continuare nel proprio noioso impiego e che è anche lui libero di compiere le proprie scelte; ciò che gli impedisce di “volare via” è solo se stesso e l’impalcatura di “buone norme” che la società gli ha imposto.

L’ “assassino” spara agli altri uomini nella convinzione che, se non dovessero morire, è perché così era stato deciso, e lo stesso vale in caso contrario, in un pericoloso gioco di irresponsabilità che rimette tutto nelle mani di un fato superiore su cui l’uomo non ha potere decisionale.

In fin dei conti, se Qualcuno sopra di noi ha già deciso quando e come dobbiamo morire, perché non siamo assolti da qualsiasi peso nelle nostre decisioni, potendo così buttarci da un palazzo o da un aereo, consci che se moriremo è perché così doveva essere e che nulla avremmo potuto fare per evitarlo? È questa di fatti una delle prime reazioni che scatena la notizia del giorno della propria morte: in divertenti – quanto interessanti – scene del film, un uomo cerca in tutti i modi possibili di morire, ovviamente invano.

Il regista sembra suggerire che in questo modo rischiamo di dimenticarci dell’importanza delle proprie scelte, che non vanno alleggerite delle responsabilità, ma che anzi assumono significato proprio a partire dall’importanza che hanno nella vita di ognuno e nei riflessi sulle esistenze degli altri.

L’erotomane è invece dipendente dal sesso: grazie a Ea sfrutterà la propria voce per doppiare film pornografici. E sarà proprio in una sala di registrazione che, a partire dalla decisione di non lasciarsi semplicemente travolgere da eventi ed emozioni, ma di prendere in mano la propria vita, incontrerà la donna di cui si era innamorato da ragazzino, causa di tutte le sue fantasie erotiche.

Gli ultimi due apostoli decidono di reagire alle convenzioni sociali: Martine abbandona il marito che non ama per instaurare una relazione più soddisfacente con un gorilla, mentre il sesto e ultimo apostolo è un bambino che vuole trascorrere l’ultima settimana di cui dispone andando in giro vestito da ragazza. Un trasgredire le convenzioni, certo, ma anche un restare fedeli a ciò che si è realmente.

Ora che sanno, non vorranno più farsi manovrare: ecco quanto ipotizzato da JC dopo che per tutti è partito il count down. Una volta che l’uomo conosce il proprio destino, o meglio, la propria fine, non sarà di certo disposto a sottostare agli ordini di un dio egoista e crudele. E da qui inizia il caos. Caos che solo la bontà di Ea prima e della Dea poi, potrà riportare ad uno stato di quiete e serenità.

Non un film particolarmente dissacratore nei confronti della Chiesa o della religione, quanto un’acuta riflessione sulla paura della finitezza. Un tema che già compariva in Blade Runner di Ridley Scott (1982), dove i replicanti erano consapevoli di avere solo quattro anni di vita. Questi esseri più umani degli umani chiedono più vita perché hanno paura che tutto finirà in un breve giro di anni: Brutto vivere nel terrore, vero?è una frase che ritorna spesso nel film a mo’ di leitmotiv. Paura che i personaggi di Dio esiste e vive a Bruxelles, in qualche modo, conoscono.

E questa consapevolezza si applica non solo a coloro il cui messaggio ricorda le pochissime ore rimaste, ma anche a chi sa che, in quella data ora, per quanto lontana, la propria esistenza avrà comunque una fine certa e decisa a priori. È questa coscienza di un destino già  segnato che più di tutto spaventa i personaggi del film, e noi con loro.

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Quando avevo sei anni e la maestra mi fece la classica domanda: "E tu, da grande, cosa vuoi fare?", la mia risposta fu, con tutto l'entusiasmo che avevo in me, "cinema, ovviamente!". Due minuti dopo scoprii, con mia grande delusione, che "cinema" non veniva considerato dagli adulti qualcosa che io potessi fare. E nemmeno un hobby troppo serio, a dirla tutta. Proprio per dimostrare il contrario (o forse per confortare la tesi della non serietà?) oggi sono qui, a scrivere per JAMovie. Che film prediligo? Non disdegno nulla, ma in particolare sono quella che scrive di film sconosciuti a tutti, a volte persino ai registi stessi, che pensavano di aver girato una pubblicità di biscotti e invece io ritrovo nel loro lavoro una riflessione sull'unità familiare nel meraviglioso momento del risveglio del XXI secolo. Le pubblicità, però, le lascio volentieri a qualcun altro. Qui mi occupo di film outsider, recensioni e approfondimenti. Tutti per voi!