Cosa hanno in comune Toki di Ken il Guerriero, Mahoney di Scuola di Polizia, Jotaro Kujo delle Bizzarre avventure di JoJo e Pegasus dei Cavalieri dello Zodiaco?
Per noi nati negli anni 80/90 la risposta è semplice.
Ivo De Palma la meravigliosa voce di questi personaggi nell’adattamento italiano.
Prendete qualche minuto di pausa e seguiteci in questo viaggio nel mondo del doppiaggio e dell’animazione giapponese. Quella che state per leggere è l’intervista che il mitico doppiatore ha concesso a Jam.
Buongiorno Ivo e grazie per aver accettato di fare quattro chiacchiere con noi di JAMovie.
Grazie a voi per l’invito.
Partiamo dal principio. Come si è avvicinato al mondo del doppiaggio e quale è stato il percorso che l’ha portata ad approdare ai Cavalieri dello Zodiaco?
Mi sono avvicinato al doppiaggio dopo un periodo di approfondimento delle tecniche espressive intrapreso avendo in mente più che altro l’animazione radiofonica. Poi le mie vedute e i miei interessi si sono allargati all’arte drammatica, che ho quindi successivamente scelto, sempre prevalentemente a microfono, come strada della mia vita.
Da quasi 30 anni (il primo episodio dei Cavalieri è andato in onda il 26 Marzo 1990), grazie anche al suo doppiaggio memorabile, ha reso Pegasus uno dei personaggi più amati nell’intero universo dell’animazione giapponese anni 80/90. Ma qual’è il suo rapporto con il Cavaliere della costellazione di Pegaso?
Beh, non è detto che sia sempre il più amato. Non sempre i protagonisti tutti d’un pezzo (o che finiscono in mille pezzi ma che poi si ricompongono, come spesso è accaduto a Pegasus) riscuotono i favori maggiori, specie nelle saghe popolate da molti personaggi, come i Cavalieri dello Zodiaco. Talvolta è accaduto che qualcuno lo apprezzasse solo e soltanto perché aveva (e ha tuttora) la mia voce, come se fossi riuscito a farglielo stare un po’ più simpatico. Di lui hanno spesso detto che è un raccomandato, perdendo un po’ di vista il fatto che i personaggi non vivono di vita propria, ma hanno un autore che decide quel che devono fare, quindi è assurdo, anche se comprensibile in un’opera di fiction (e segno di bravura dell’autore), pensare che i personaggi siano individui dalle scelte autonome. Poi, in una serie che si chiama Saint Seiya, direi che il minimo è che questo personaggio abbia spazio e prerogative superiori, considerando anche i colori che indossa quasi sempre, cioè rosso e bianco, quelli della bandiera nazionale giapponese. Comunque, è stato un personaggio molto importante nella mia carriera, arrivato nel momento giusto per stimolarmi a fare un salto di qualità, e tornato negli ultimi anni per consentirmi di dimostrare che lo reggo ancora.
Ne i Cavalieri dello Zodiaco, uno degli elementi chiave è quello dei valori che il cartone mostra. Valori come l’amicizia tra i Cavalieri di bronzo, lo spirito di sacrifico per un bene non personale ma collettivo, la determinazione, e la forza del gruppo. Nei cartoni animati di oggi questa cosa si è persa secondo lei?
Non so se si è persa, ma probabilmente si è perso il gusto di raccontare questi valori in quel modo. C’è stato, anche all’interno della stessa saga dei cavalieri, un netto cambio di respiro drammaturgico, più a favore del ritmo che dell’approfondimento. Ormai gli scontri durano pochi minuti, mentre in passato potevano occupare qualche episodio. È inevitabile che si stenti a ritrovare l’atmosfera di allora.
Netflix ha annunciato il remake della serie classica. 12 episodi che copriranno l’arco narrativo dalle guerre galattiche allo scontro con i cavalieri d’argento. Cosa pensa di questo annuncio e qual’è la sua opinione sui sempre più abusati remake/reboot?
Non ho alcuna particolare remora verso i reboot/remake, anche perché capisco bene che in tempo di crisi costa meno riciclare vecchie idee che elaborarne di nuove. Quindi anche questo eventuale ritorno dei Cavalieri su Netflix non mi disturba affatto. Poi, è ovvio che qualunque lavoro può essere fatto al meglio, o così così, ma questo è un altro problema.
Domanda indiscreta. C’è la possibilità che lei torni a doppiare Pegasus nella nuova serie?
Più che indiscreta, è prematura, visto che il prodotto deve ancora essere realizzato anche nella sua versione originale. Comunque, dipendesse da me vi sarebbe non la possibilità, ma la certezza che io torni a doppiare Pegasus. Non dipende da me, però.
La scuola di doppiaggio italiana è da sempre sinonimo di eccellenza. Mi tornano subito in mente mostri sacri come Oreste Lionello e Ferruccio Amendola, mentre nel campo dell’animazione oltre a lei penso a Gianluca Iacono e Tonino Accolla. Ma quali sono le difficoltà che un doppiatore si trova ad affrontare e come è cambiato il doppiaggio nel corso di questi ultimi 30 anni?
Le difficoltà sono il tratto distintivo della professione, ma anche il suo stimolo maggiore. Si tratta di adeguarsi in tutto e per tutto alle azioni fisiche e alla mimica facciale del personaggio, nonché, strettamente, al suo labiale. Il che è un po’ una schiavitù, ma anche un possibile potenziamento della creatività. Più o meno come quando un poeta si costringe a scrivere qualcosa scegliendo i paletti della metrica e della rima. Se è bravo, è proprio lì, nella costrizione e nell’obbligo, che esce il capolavoro.
Il doppiaggio è cambiato per via dei tempi di lavorazione, ora decisamente più standard e non certo rilassatissimi. Poi, avendo anche vissuto la stagione pionieristica del doppiaggio al nord, noto anche, oggi, minore libertà creativa, controlli qualità sempre più stringenti, lodevoli ma all’interno dei quali certe nostre invenzioni degli anni che furono sarebbero state impraticabili.
Ha già individuato nel panorama del doppiaggio italiano il suo erede?
Non sono un caposcuola così importante, e soprattutto non mi sono ancora ritirato. Ma noto che, al di là delle mie impressioni sul tema, è il pubblico degli appassionati che non l’ha ancora individuato, altrimenti se ne parlerebbe già da un po’, nel bene e nel male.
Torniamo per un attimo indietro nel tempo. Chi erano i miti, se ce ne sono ovviamente, cinematografici di Ivo De Palma adolescente? E quale è stato il film/cartone animato che le ha fatto esclamare: “ Da grande farò il Doppiatore!”?
Ricordo che mi affascinava molto il doppiaggio di “Spazio 1999”, con i colleghi Michele Kalamera e Laura Rizzoli sui protagonisti. Lei ebbi in seguito l’opportunità di conoscerla di persona e certamente fu tra coloro che mi insegnarono (o cercarono di farlo, ché uguagliarli era ardua impresa, mai conclusa) il mestiere.
Grazie Ivo per il tempo che ci ha concesso e, a nome di tutti noi nati negli anni 80, grazie per l’infanzia magica che ha contribuito a regalarci.
Grazie a voi per le domande e quanto all’infanzia magica che ho contribuito (insieme a molti miei colleghi) a regalarvi, beh, fa il paio con la maturità piena di stima e affetto che voi regalate a me. Direi che è uno scambio equo.
Ah, un’ultima particolare richiesta. Può fare per gli amici di JAMovie un saluto speciale?