Indivisibili è stato presentato durante le Giornate Degli Autori al Festival di Venezia 2016
La capacità di ritrarre quella parte di Campania dove il quotidiano ha dei tempi, degli spazi propri è limpidissima nel nuovo film di Edoardo De Angelis (Perez).
Il mondo di Indivisibili è una pagina di cemento di una terra che non conosce colore e gioia, dove i legami familiari sono tossici e le persone vivono di stenti e immagini salvifiche. Un mondo, quello di Castel Volturno che trasuda in ogni inquadratura, nelle gestualità, nelle usanze di una comunità, un habitat dove il degrado è interiore, umano ancor prima che estetico: in questo si nota la presenza, tra gli altri, di Nicola Guaglianone alla sceneggiatura (Lo chiamavano Jeeg Robot).
Eppure quest’esistenza di abbandono trova la sua luce nell’unione di Viola e Dasy, due gemelle siamesi, con un gran talento per il canto, che mantengono la propria famiglia esibendosi ai matrimoni e alle feste. L’amore limpido e naturale che le fa essere una cosa sola è in contrasto con una famiglia ed un padre che fanno di quell’handicap un mezzo per ossigenare la propria avidità contaminando con i propri demoni l’esistenza delle due ragazze.
E se ci fosse la possibilità di vivere un’altra vita, libere da quel legame che per 18 anni le ha caratterizzate?
Indivisibili da questo punto in poi non evolve la sua narrazione bloccandosi nella ricerca di un’indipendenza sconosciuta. Sta qui il difetto del film: in un registro evocativo (le due sorelle adorate quasi come madonne), adatto nella prima parte, che nel proseguo comprime il racconto rendendo il tema della separazione solo immaginato, mai realmente messo in scena.
Il dolore, la rinuncia ad una parte di noi che ci fa sentire vivi emerge a tratti, e quando lo fa è sulla spinta dell’ottima prova delle due giovani attrici, in particolare la performance di Angela Fontana, colonna di quella ricerca di poesia che si mescola alle tonalità opache in vissuti dove il confine tra estasi e decadenza è indivisibile.