Erano anni che Steven Spielberg voleva trasportare sul grande schermo Il GGG – Il Grande Gigante Gentile, la storia di Roald Dahl (uno dei maggiori scrittori per ragazzi: Matilde 6 mitica e La fabbrica di cioccolato vi dicono niente?), e lo ha fatto quando il livello di tecnologia testato con Tintin glielo ha permesso.
GGG è un gigante, grande e gentile che vive in una terra lontana e sconosciuta insieme ad altri giganti che sono un po’ meno gentili di lui: sono esseri mostruosi, cattivi, che vanno ghiotti di essere umani. Preferibilmente bambini. Il nostro GGG invece, come dice il nome stesso, è buono, è vegetariano (si nutre solo di strane zuppe) e cattura sogni. Li cattura letteralmente: sogni, desideri, paure, li studia e li cataloga, sa tutto a riguardo.
Una notte, in una delle sue tante sgambate nel mondo reale viene visto per caso da Sophie, una bambina orfana, un’anima solitaria così come è lui. Per evitare che la bimba riveli al mondo l’esistenza dei giganti, la cattura e la porta nella sua magica e misteriosa terra. Sarà l’inizio di una profonda amicizia, tenera e sincera, che li farà catturare sogni, attraversare mondi, rischiare la vita e conoscere la Regina d’Inghilterra in persona.
C’erano una volta gli anni 80′ e la magia che trasmetteva un logo, quello della Amblin prima di ogni film. Bastava solo la visione di quel logo per farti subito trasportare in un universo fatto di sogni, emozioni, rassicurazioni. Venticinque anni dopo Hook (di cui Il GGG ha più di un punto in comune) Spielberg torna a quella dimensione puramente e squisitamente favolistica, ma gli anni 80′ sono finiti da un bel pezzo e purtroppo anche parte di quella magia.
Il GGG della storia ha le movenze e il viso di Mark Rylance (che Spielberg stesso solo un anno fa portò all’Oscar per il Ponte delle Spie), bravissimo tramite la motion capture a dare credibilità e trasmettere le emozioni del suo gigante. E’ sulla sua figura che l’intero film si regge: il timido GGG, che a stento sa parlare con la sua caparbia ingenuità, armato solo di sogni cerca di contrastare e combattere l’ignoranza dei suoi simili, affinchè non mangino più esseri umani. Ha un che di poetico, ma dopo tutto Spielberg ci ha abituato a questo e ben altro.
Al netto di una tecnologia che ormai ha raggiunto livelli di realismo incredibili Il GGG è una favola edulcolorata e sincera diretta da Spielberg con il pilota automatico. Da un grande come lui, che nei decenni ha attraversato il cinema in lungo e in largo sfornando capolavori, magari ci si aspetta qualcosa di meglio che della semplice e ordinaria amministrazione.