Ismaël Vuillard è un regista dall’animo tormentato, che fatica a dormire la notte, infastidito da continui incubi.
I suoi tormenti, sembrano trovare sollievo nei momenti trascorsi con Sylvia, compagna da 2 anni astrofisica, pronta sempre ad accoglierlo anche nelle notti insonni.
Ismaël si occupa inoltre di Henri Bloom, autore cinematografico, mentore e padre di Carlotta, la moglie del regista, scomparsa nel nulla 21 anni prima.
È proprio quest’ultima a far cadere Ismaël in una voragine di emozioni e confusione, tornando dal buio, una mattina d’estate.
La presenza di Carlotta, porterà il regista a vivere anche una profonda crisi artistica.
I fantasmi di Ismael, Les fantômes d’Ismaël, è la pellicola che ha aperto il festival di Cannes 2017, per la regia di Arnaud Desplechin, raccogliendo consensi abbastanza positivi della critica.
Il festival si è dunque aperto con un puro film d’autore, ricco di riferimenti al cinema, alla letteratura e all’arte.
Una goduria per i cinefili sotto questo punto di vista.
È un film sicuramente molto complesso e a tratti molto confusionario, con numerevoli cambi di registro, ellissi, flashback e addirittura universi differenti.
Tutto è funzionale ad una regia fortemente simbolica e Ismaël è il primo fra tutti questi simboli.
Egli è un regista, il suo ruolo è mettere in scena delle storie.
Ma la sua vita è complicata e disordinata e il parallelo con noi spettatori è evidente: è facile essere i registi della propria vita?
No, è molto difficile gestirla, assieme a tutte le sue emozioni, soprattutto se si rivela necessario dover gestire insieme diversi ambiti.
Nel caso di Ismaël: il suo lavoro, il rapporto con Sylvie, il fantasma di Carlotta.
Ismaël vive un senso di smarrimento comune a tutte le persone, che lo porta a sentire il bisogno di appoggiarsi ad un’altra che gli dia equilibrio e razionalità.
Questo è quello che il regista ripete a Sylvie durante una chiamata.
Ciò è vero soprattutto nella misura in cui la personalità ha una natura fragile.
Infatti quel poco equilibrio che Ismaël raggiunge, viene distrutto dal ritorno di Carlotta, la quale sconvolge profondamente l’animo dell’uomo, già in stato d’ansia per la storia alla quale sta lavorando e che costituisce uno degli universi presenti nel film, rendendolo una metaopera.
Il protagonista è Ivan, diplomatico, che all’inizio sembra essere una figura nata in riferimento al fratello di Ismaël, dando la sensazione che il protagonista stia scrivendo riguardo suo fratello.
Tuttavia non si impiega molto a capire che Ivan altri non è, che l’alter ego più razionale di Ismaël e la sua storia è piena di riferimenti alla vita del suo autore e del suo tentativo di esorcizzare le sue angosce.
Come se attraverso la storia da lui creata, Ismaël potesse eliminare tutti i suoi demoni.
Il tentativo non serve a bloccarli.
Finché Carlotta è li, davanti al marito, quest’ultimo non è in pace e a mano a mano che questi demoni diventano difficili da contenere, la realtà diventa distorta e tutto più complesso da comprendere.
Così come nella mente di Ismaël tutto diventa più confuso.
La cronologia degli eventi sembra distorta e lo stesso confine tra il livello della realtà e quello della finzione sembrano essere confusi.
Non solo la realtà.
Ache le persone attorno a lui perdono quasi di spessore, quasi fantasmi.
Primo fra tutti, proprio quello della moglie, Carlotta, che creduta morta, dopo due decenni, ritorna dal nulla, causando disorientamento in Ismaël e nella sua nuova relazione.
La sua presenza si fa sentire anche quando lei non c’è.
I fantasmi sono anche i personaggi creati dall’autore, che arrivano a prevalere nella mente di Ismaël e, assieme ai fantasmi del suo passato, (Carlotta, il signor Bloom, il figlio adottato e perso), contribuiscono ad innescare un corto circuito nella mente dell’uomo e a costringerlo a ricrearsi per poter tornare a vivere.
Bisogna sottolineare come questo film sia fortemente personale, in quanto Ivan è l’alter ego di Ismaël.
Tuttavia Ismaël è l’alter ego di Desplechin stesso, che attraverso il personaggio creato e il film, ha analizzato se stesso.
Lo si può vedere attraverso i vari riferimenti ad altre sue pellicole, come I miei giorni più belli, o le citazioni di altri testi: Hitchcock (Carlotta è il nome che ricorre anche in Vertigo), l’Ulisse di Joyce (richiamato dai cognomi Dedalus e Bloom) e Moby Dick (il nome dei protagonisti: Ismaele).
Desplechin non solo mette in scena se stesso e i propri dilemmi, ma cerca di trovare un senso alla propria esistenza, cerca delle risposte.
Non tanto come uomo, quanto come artista.
Per questo il film è ricco di riferimenti artistici e per questo le linee temporali sono così mischiate.
Quasi a volere indicare la necessità davanti ai limiti, di mettere in moto la forza creatrice dell’uomo, che gli permette di ricreare anche se stesso.
A contribuire, un cast d’eccezione, che ha come punta di diamante Marion Cotillard nei panni di Carlotta Bloom.
Una donna dal passato incerto, che ha perso il senso del tempo e che è ritornata, rimasta sola, per riprendersi il marito, del quale ha bisogno, in quanto incapace di stare sola.
Desplechin ha inoltre chiamato il suo ormai attore feticcio, Mathieu Almaric, abile nell’interpretare l’animo psicotico di Ismael, bloccato tra la veglie il sonno, tra il passato e il presente pieno di allucinazioni, senza trovare una via d’uscita.
Un uomo bloccato tra Carlotta, il suo passato, sempre presente e Sylvia, presenza curatrice, senza la quale, lo scontro tra i due livelli opposti,è destinato a mostrarsi in tutta la sua forza e sarà proprio lei, la chiave per la guarigione o meno del protagonista.
Questo ha reso I fantasmi di Ismaël un’opera ambiziosa e ben riuscita. Una prima parte quasi noir, improntata su un‘ ottica thriller e di mistero.
E una seconda, che sembra mostrare delle scene che altro non sono, che la rappresentazione del flusso di pensieri che invade la mente di Ismaël e forse, per questa ragione, più difficile da comprendere, ma la pellicola resta sicuramente un prodotto molto interessante.