Ex Machina – ovvero, il Dio delle macchine, ma senza dio..- inizia un po’ come Willy Wonka e la fabbrica del cioccolato, dove la fabbrica è una software house e il fortunello è un impiegato della stessa, Caleb, vincitore di un soggiorno di una settimana presola mega villa del capo e genio del male Nathan (Un Oscar Isaac riconoscibile a fatica).
Si capisce molto presto che Caleb così fortunato non è stato: Nathan è intenzionato a testare l’ IA da lui programmata, Ava, una Alicia Vikander davvero brava a recitare, ma soprattutto, nel risultare sexy pur mostrando più transistor che pelle.
Dico soprattutto perchè, al di là delle basi fantascientifiche, i rimandi a Asimov che sono senza dubbio di interesse, ma non originali, è il triangolo tra i due maschi e la macchina, è la tangibile tensione sessuale tra i tre a esser la spina dorsale del film: In un pericoloso gioco al gatto e il topo, nei corridoi di un’ abitazione che tra colori e riprese mi ha ricordato Shining, il triangolo è talmente ben costruito da lasciarvi impreparati ad alcuni dei twist ( ma non tutti come la porno filippina che in realtà è un robot).
Eppure, a pensarci bene, cosa c’è di più intrigante, nell’annesa questione uomo-macchina di una IA che in realtà fa la troia per guadagnare la libertà? In barba alla terza legge di Asimov, e al suo creatore che era un po’ infame, ma tutti i torti non li aveva
Da vedere.