Michèle viene violentata da uno sconosciuto con il passamontagna. La signora inizia ad indagare sull’identità dello stupratore, ma non sporge denuncia, continuando a fare i conti con la sua famiglia ed il suo passato ingombrante.
Paul Verhoeven torna dietro la macchina da presa dopo dieci anni da “Black Book” con “Elle”, dramma complesso e torbido che ha conquistato l’ultimo Festival di Cannes e che sta facendo incetta di nomination e premi, come miglior film straniero e miglior attrice in questa stagione di premi.
Uno stupro apre il film e, scena dopo scena, il pubblico conosce sempre di più Michèle, business woman che decide di non denunciare il proprio assalitore: perché sceglie di non farlo?
Verhoeven non si preoccupa di dare risposte, ma racconta semplicemente i fatti in maniera esauriente: veniamo a conoscenza di una donna sola, realizzata nel lavoro, ma insoddisfatta nella vita, la quale vive con un ingombrante passato che continua a bussarle alla porta.
“Elle” parla soprattutto dei danni indelebili che i genitori possono fare sulla vita dei loro figli.
Non ci viene presentato il classico personaggio facile da compatire, ma una donna imperfetta, malata e piena di difetti, ma soprattutto vera, con le sue perversioni.
La scena dello stupro, che compare all’improvviso più volte come un ricordo indelebile per la protagonista, ci arriva come un pugno allo stomaco e noi proviamo facilmente empatia con Michèle.
Tutti i temi trattati, come lo stalking, vengono approfonditi e non snocciolati in modo superficiale. L’erotismo e la perversione non sono messi per suscitare scandalo, ma sono giustificati e necessari.
La regia di Verhoeven non ha guizzi particolari, ma si mette rispettosamente al servizio di un ottimo cast capitanato da una sempre superba e meravigliosa Isabelle Huppert, la quale si merita tutti i premi che sta ricevendo. Difficile dire se questa sia la sua migliore performance, visto il suo livello di eccellenza in ogni suo lavoro! Molto convincente Laurent Lafitte nei panni del vicino di casa Patrick.
Bellissima sia la fotografia di Stéphane Fontaine che il montaggio di Job ter Burg.
Anche se sarebbe stato un capolavoro del cinema d’essai con un’altra regia, “Elle” è un bellissimo film che ti lascia immerso nei pensieri anche dopo la sua conclusione.
Un dramma essenziale nella realizzazione, ma raccontato in modo complesso e profondo che ti prende, ti scuote e non si dimentica.