Home Rubriche Oriente Il denaro distrugge tutto: Pietà di Kim Ki-duk (2012)

Il denaro distrugge tutto: Pietà di Kim Ki-duk (2012)

I latini dicevano “Tempus edax rerum”, il tempo è il divoratore di tutto. Per questo film, Pietà di Kim Ki-duk, mi sento di parafrasare questo detto: “pecunia edax rerum”. Il denaro distrugge ogni cosa.

Il Kim Ki-duk degli anni ’10 è un uomo devastato, ben lontano da quell’artista-poeta cinematografico che si era mostrato in tutta la sua grandezza con “Primavera, Estate, Autunno, Inverno… e ancora Primavera” o con “Ferro 3 – La casa vuota”. Tra questo film e il successivo Moebius, il regista coreano mostra un lato che fino a pochi anni prima non ci si sarebbe mai aspettati. Estremamente riflessivo e poetico, come è sempre stato, ma, al tempo stesso, violento, crudele e crudo, questo nuovo corso della carriera di Kim Ki-duk ha la capacità di avvicinare gente che normalmente non vedrebbe mai un suo film, essendo adesso assimilabile, per certi aspetti, a registi come Park Chan-wook, soprattutto per quanto riguarda l’estetica della violenza (pur avendo i due registi stili molto diversi e personali).

Lee Gang-do è un uomo freddo e crudele che si occupa del recupero di denaro per conto di un aguzzino, i cui prestiti hanno un interesse mostruoso del 1000%. Però, Lee non sembra preoccuparsi del suo compito, poiché sfoga tutta la sua crudeltà torturando i poveri lavoratori la cui unica colpa è di non essere ricchi. Però, un giorno, fa la conoscenza di una donna che afferma di essere sua madre. All’inizio lui è decisamente restio a credere a quanto detto dalla donna ma poi si convince che stia dicendo la verità. Da questo momento, la vita di Gang-do non sarà più la stessa.

Gang-do e la donna si incontrano.

La bellezza di questo film non è assolutamente paragonabile a quella dei suoi capolavori del passato ma resta comunque un film molto forte e intenso. Un atto di disprezzo per il denaro e il sistema che ruota attorno ad esso. In un’intervista rilasciata a corriere.it in seguito alla sua vittoria del Leone d’oro del 2012, il regista dice: Questo mio film vuole mettere in discussione il processo che vede avidità denaro e successo distruggere la purezza, che instaura tra gli esseri umani solo relazioni basate sull’odio e porta il mondo contemporaneo, e anche me stesso, verso la distruzione. Una domanda ricorrente in questo film è “cos’è il denaro?” e la risposta che viene fornita dalla donna misteriosa è che esso sia la fine e l’inizio di ogni cosa. E, in effetti, non le si può dare torto: la vita dell’uomo moderno ruota attorno al dio Denaro, che domina ogni singolo aspetto dell’esistenza umana. Ed è spesso la causa di buona parte dei problemi che ci affliggono.

Come ci ha sempre abituato, le relazioni tra i protagonisti dei film di Kim Ki-duk sono spinte oltre il limite: ciò che il regista vuole mostrare è la caricatura di una realtà agghiacciante per farne risaltare tutte le fragilità. Pietà non fa eccezione. Quando Gang-do non vuole credere alla donna, le chiede più volte di mostrargli di dire la verità. All’inizio è solo una semplice domanda alla quale solo la vera madre potrebbe rispondere e si giunge fino allo stupro: ponendole una mano tra le gambe, le dice “Se sono uscito da qui, posso anche rientrarci. Fermami, se non sei mia madre”. Questo rapporto violento, contornato da epiteti che Gang-do attribuisce alla donna ben poco lusinghieri, a poco a poco si trasforma in un rapporto di dipendenza: l’uomo torna ad uno stato infantile e la sua vita diventa “mammacentrica”. Da essere distruttivo, punitore e sadico, diventa in qualche modo tenero e decisamente più umano. Proteggere la madre e recuperare quell’infanzia che, in quanto orfano, non ha mai potuto vivere diventa la sua nuova ragione di vita.

Per tutta la durata del film, a partire dal momento in cui la donna fa la sua comparsa, non possiamo che chiederci: perché è tornata? E’ solo un bisogno affettivo da madre? I minuti finali daranno risposta a questo quesito. Se volete conoscerla, avete due opzioni: andare a vedere il film oppure continuare nella lettura del prossimo paragrafo, che contiene, per forza di cose, degli SPOILER. Vi do qualche secondo per prendere una decisione. Avete scelto? Bene.

Gang-do in una scena della parte finale del film.

Paragrafo SPOILER

La donna non è veramente la madre di Gang-do. Ella è infatti la madre di un ragazzo che aveva un debito con l’aguzzino per cui l’uomo lavora e che è stato costretto sulla sedia a rotelle da Gang-do, che gli ha spezzato le gambe. Ed è proprio questo povero ragazzo quello che vediamo nella primissima scena del film, quello che si suicida. La donna, dunque, ha ordito un intricato piano per vendicarsi della morte del figlio. A mio avviso, il metodo utilizzato da lei per la vendetta è il più crudele possibile perché il suo obiettivo non è quello di uccidere Gang-do ma di distruggerlo, di frantumare la sua psiche, facendolo cadere in uno stato di disperazione totale, dopo essersi buttata da un palazzo, sfracellandosi al suolo poco accanto a lui. Ciò lo porterà a suicidarsi legandosi sotto la macchina della moglie di una delle vittime del torturatore, la quale aveva detto che, se ne avesse avuto la possibilità, lo avrebbe investito con la macchina: in qualche modo, Gang-do le ha fatto un regalo, una sorta di risarcimento.

Articolo a cura di Federico Querin