Articolo a cura di Vincenzo Politi
Dopo i successi di Tutto su mia madre e Parla con lei, Pedro Almodóvar sconvolge Cannes con La Mala Educación. Un film dove ogni cosa è perduta: la fede, l’amore, l’amicizia, i valori familiari, tutto. Rimane solo una vorace passione. Una passione capace di creare. O di distruggere.
Diciamolo subito: La Mala Educación è un film cupo e opprimente. Almodóvar gioca con una trama ricchissima di colpi di scena e improvvisi cambi di rotta, ma anche molto scabrosa.
Per cominciare, il film racconta, senza nemmeno troppi mezzi termini, gli abusi sessuali subiti da un ragazzino in un collegio religioso. Padre Manolo, uno degli insegnanti, si innamora di Ignacio, poco più che bambino. Padre Manolo non esita a manifestare fisicamente la sua passione criminale. Le ripercussioni sulla vita di Ignacio saranno, ovviamente, enormi.
Ma La Mala Educación non è solo un film di denuncia contro una certa parte di Chiesa. La tragedia di questa storia è che Padre Manolo non è nemmeno l’unico cattivo della storia. In questo film, il male può nascondersi ovunque. È il mondo stesso a esserne saturo.
Da una parte, dunque, La Mala Educación si avvicina ai film più dark della cinematografia di Almodóvar, come Matador, La legge del Desiderio e il più recente La Pelle che Abito.
Dall’altra, e di conseguenza, è un film molto diverso rispetto alle due precedenti fatiche di Almodóvar. In Tutto su mia madre, dopo le lacrime e il dolore, Manuela si ricostruisce una nuova vita. In Parla con lei, Benigno supera la sua solitudine grazie all’amicizia con Marco, il quale, in un certo senso, farà tesoro dell’esperienza di Benigno.
In entrambi film, sono i rapporti umani e personali a salvare i personaggi dalla deriva di un destino fatale. O, perlomeno, a regalare loro attimi fugaci di consolazione, squarci di speranza. La Mala Educación, al contrario, è un inferno morale e soffocante. Un inferno in cui coloro che ne fanno parte hanno lasciato ogni speranza all’ingresso.
Tuttavia, esistono delle continuità tematiche fra i tre film. Laddove Tutto su mia madre parlava di teatro e Parla con lei di danza, La Mala Educación parla di cinema. Dell’ispirazione dietro una sceneggiatura, del modo di girare e concludere un film.
Enrique è un regista in crisi creativa. Per ispirarsi, ritaglia articoli di cronaca dai quotidiani. Enrique prende la vita degli altri per farne trame e personaggi. Più andrá avanti con la produzione del suo nuovo film, più proverá a penetrare il mistero di Ignacio, il vecchio compagno di scuola che fu molestato da Padre Manolo. E più Enrique si accorgerá che la sua stessa vita assomiglia a uno di quegli articoli di cronaca. Cioè, a una delle sue trame.
Anni prima, poco più che ragazzini, Enrique e Ignacio si innamorarono guardando un film al cinema. Molto tempo dopo, due criminali, le cui azioni riverbereranno nella vita di Enrique, si chiudono dentro un cinema attendendo che si calmino le acque.
In La Mala Educación, insomma, il cinema è sia vita che morte. Ancora di salvezza o arma letale. Un po’ come la passione che pervade coloro che vogliono fare cinema. Una passione che non conosce limiti o morale.
Almodóvar racconta dell’a-moralitá della passione dosando con sadica precisione alcuni stratagemmi narrativi. Innanzi tutto, manipolando sapientemente il genere noir. Infatti, La Mala Educación è una mystery story, una specie di ‘thriller gay’ in cui il protagonista, Enrique, proverá a comprendere le reali motivazioni e i segreti di Ignacio, l’amico-amante del passato ricomparso dal nulla dopo anni.
L’elemento mystery, peró, non è presente solo a livello del ‘contenuto’. La Mala Educación non è un thriller solo per quello che dice, ma anche per come lo dice. In un certo senso, il mistero da risolvere del film è la trama del film stesso. La Mala Educación ha, infatti, una struttura narrativa complicata, vertiginosa: si tratta di un film nel film che racconta di un racconto nel racconto. Un labirinto di scatole cinesi, di digressioni e retrospezioni, con le quali Almodóvar epitoma la sperimentazione e la non-linearitá con cui aveva giá flirtato in Parla con lei.
Un altro elemento che serve a rappresentare il potere estremo e folle della passione è l’omosessualitá. Tutto su mia madre è un film ‘al femminile’, dove gli uomini sono assenti, o morti, o dementi, oppure sono diventati donne. Parla con lei è un film ‘al maschile’, dove le donne o sono ininfulenti oppure sono in coma. La Mala Educación, invece, è uno dei film ‘più omosessuali’ nella storia del cinema. Un film dove tutti i personaggi sono uomini gay. Non esistono personaggi maschili eterosessuali, mentre le uniche donne che compaiono, brevemente, sono la madre di Ignacio e una truccatrice nel set di Enrique.
Quella di cui parla Almodóvar in questo film è, in un certo senso, un’omosessualitá ‘simbolica’. È parlando di personaggi che non soccombono alla preoccupazione borghese della genitorialitá a tutti costi che Almodóvar può mostrare la passione cristallina, pura e tagliente.
Tra l’altro, in questo film l’omosessualitá non è né parodistica né edulcorata. I personaggi di La Mala Educación, a parte qualche exploit, non sono macchiette comiche, come vorrebbe una certa tradizione omofoba. Non sono nemmeno uomini “dolci, romantici e sensibili”, come vorrebbe una tradizione forse ancora più omofoba in quanto subdolamente tale. Quelli di La Mala Educación sono personaggi estremi, posseduti da un delirio febbrile, quasi demoniaco.
A chiudere la cornice, un personaggio transessuale, che compare sorprendentemente nella seconda parte del film. Un transessuale ben diverso da quelli che popolavano Tutto su mia madre. Un personaggio, anche questo, estremo. Ma anche molto fragile, sconfitto da un’esistenza di eccessi e di tormenti interiori.
Non è infine un caso se la vicenda si svolge negli anni Ottanta. Anni di delirio sintetico e consumismo dilagante. Il decennio degli eccessi per eccellenza. Dieci anni in cui sembrava che dovesse cambiare tutto, anche se poi tutto è rimasto uguale a prima.
Come tutti i grandi film, appiccicare l’etichetta di un ‘genere’ a La Mala Educación sarebbe non solo difficile, ma anche inutile. Thriller, meta-film, film a tematica LGBT, film sperimentale, con elementi gotici, storia d’amore e d’amicizia… La Mala Educación è tutto questo e molto altro. Come tutte le storie che tentano, forse invano, ma eroicamente, di catturare la materia infuocata della vita.
Come in ogni film di Almodóvar, la recitazione è a altissimi livelli. Gli attori si abbandonano con cieca fiducia nelle mani di un Almodóvar demiurgo e chirurgo di emozioni viscerali e umane, fin troppo umane.
Enrique ha il volto di Fele Martínez. Uno degli attori spagnoli indie per eccellenza, Martínez era già conosciuto per il suo ruolo in Tesis, primo film di Alejandro Amenábar, col quale collaboró anche nel successivo Apri gli Occhi. Almodóvar lo volle in quella piccola gemma surrealista che è il film-nel-film in bianco e nero che squarcia la storia, e le vite, di Parla con lei. Ma è con La Mala Educación che Martínez si impone al grande pubblico, con quella che è sì una mega-produzione, ma dal vago sapore di midnight movie.
Torna Javier Cámara, l’ambiguo Benigno di Parla con Lei, qui nei panni (e sui tacchi) di un travestito cabarettista.
Ma la vera rivelazione è Gael García Bernal. L’attore messicano si getta anima e corpo in un ruolo camaleontico, incarnando (almeno) tre personalità diverse. Lo vediamo divinamente en travesti, avvolto in alcune delle creazioni più stravaganti dello stilista/provocateur francese Jean-Paul Gaultier. Lo vediamo affrontare le difficoltà di una vita di provincia fatta di povertà e emarginazione. Lo vediamo, infine, nei panni di un attore senza scrupoli, disposto a tutto pur di ottenere il ruolo della sua vita.
Gael García Bernal aveva già alle spalle una solida carriera. Era già apparso in Amores Perros, del connazionale Alejandro Iñárritu. Si era fatto notare nella commedia cult Y tu mamá también, di Alfonso Cuarón. Ma la chiave di volta nella carriera del giovane García Bernal fu il 2004. Quell’anno, infatti, comparve sia nei panni del giovane Che Guevara, nei Diari della Motocicletta, che nel film di Almodóvar. Non è però un’esagerazione dire che fu proprio La Mala Educación a spingere al limite le qualità interpretative di García Bernal, consacrandolo come divo internazionale. Perché dopo un ruolo come quello, si può veramente recitare di tutto.
La Mala Educación fu il primo (e finora unico) film spagnolo a aprire il Festival di Cannes. E lasciò la critica francese alquanto perplessa. Forse i giornalisti rimasero turbati da una storia di preti pedofili, diaboliche trame omosessuali, tossicomani, assassini e transessuali. Ma, dopo il festival, La Mala Educación non poté non convincere i critici e riscuotere il meritato successo.
Bisogna anche aggiungere, peró, che a partire dalle pellicole successive, Almodóvar ritornerá a uno stile narrativo più tradizionale. Continuerá a costruire trame sulle rievocazioni e sui ricordi rivelatori, ma senza lo sperimentalismo che pervade La Mala Educación. Forse per non perdere i favori di una critica non sempre capace di apprezzare alcune espressioni creative. O forse perché sa non di non essere più in grado di concepire una trama complicata e crudele come quella di La Mala Educación.
Un film che svetta nella filmografia di Almodovár, come una foresta notturna, un lago nero nel quale specchiarci per vedere tutta la nostra oscurità.