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Bridget Jones’s Baby

Bridget

Non possiamo certo dire che il terzo capitolo delle avvincenti avventure della nostra amata Bridget Jones, non si sia fatto attendere. Sono passati ben 15 anni dall’uscita della primo film   Il diario di Bridget Jones, pellicola che ha consacrato Bridget a eroina dei nostri giorni, e 12 dal meno amato Che pasticcio Bridget Jones (pessima traduzione del decisamente più elegante Bridget Jones: the edge of reason).

In Bridget Jones’s baby troviamo una Bridget che, nonostante la maturità, si trova implicata nelle paradossali (dis)avventure che la contraddistinguono. Già dai primi fotogrammi, la Bridget che si presenta allo spettatore è una Bridget maturata (complice il nuovo aspetto dell’attrice, segnato dal tempo e dalla chirurgia), lo vediamo dal look più sobrio, dall’appartamento ordinato, dall’impegno nel lavoro… Tuttavia l’apparente equilibrio finirà presto per rompersi quando la nostra protagonista scoprirà di essere incinta e di non sapere l’identità del padre.

Gli imputati alla causa sono l’eterno Marc Darcy (Colin Firth), sempre impeccabilmente elegante e distinto, e il brillante e frizzante matematico Jack Qwant (Patrick Dempsey). I due si ritroveranno implicati in un serratissimo testa a testa, con il contributo insostituibile di Emma Thopmson (anche co-sceneggiatrice di questa pellicola) nelle vesti della spumeggiante ginecologa.

Bridget

Il film convince, impossibile trattenere le risate, tuttavia rimane classificabile come una piacevole commedia romantica e nulla di più. Il registro sembra cambiato dal primo film, molto più intimo, più dettagliata l’analisi dei personaggi, in cui gran parte delle scene sono girate nel protettivo appartamento-guscio londinese della protagonista.

Il primo capitolo della saga ci aveva fatto sognare, aveva legittimato l’imperfezione ed elevato la spontaneità, lasciandoci a fine film a fantasticare su un’ atipica favola moderna. In questo terzo capitolo ci troviamo a ridere a crepapelle, ma le emozioni si fermano qui, la visione è divertente e piacevole ma sentimentalmente meno coinvolgente. I personaggi sono quasi stereotipati, un po’ debole il ruolo di Marc Darcy, che sebbene sia ancora il nostro principe azzurro, vive della rendita dei film precedenti e non riafferma significativamente la sua personalità, anche l’ambientazione è più generica, più spesso i luoghi sono aperti o pubblici, i personaggi li vediamo più nella sfera relazionale che intima.

L’obiettivo di far divertire lo spettatore è stato decisamente centrato, anche se al prezzo di scivolare, a volte, nel paradossale e nell’inverosimile.

Articolo a cura di: Irene Cappanera

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