Esiste un genere letterario che si chiama recherché postmodernism. Non tutti lo conoscono e soprattutto non con questo nome, ma con l’espressione Realismo isterico. A questa corrente si fa riferimento quando si parla di autori del calibro di Don DeLillo, Jonathan Franzen, Thomas Pynchon e ovviamente Joyce Carol Oates, autrice di Blonde romanzo del 1999 che rivisita parti della vita dell’attrice Marilyn Monroe.
Senza dilungarmi troppo, Zadie Smith (altra autrice di riferimento per questo genere letterario) descrisse il realismo isterico come “dolorosamente accurato per il tipo di prosa esagerata e maniacale che si può trovare nei miei romanzi”.
Blonde è proprio così: dolorosamente accurato ed esageratamente maniacale.
E qui non si parla più del romanzo, ma della tanto discussa e omonima trasposizione cinematografica del 2022, quarto film di finzione del regista australiano Andrew Dominik, già autore di Cogan – Killing Them Softly del 2012 e due meravigliosi documentari su Nick Cave, qui nella veste di autore della colonna sonora assieme a Warren Ellis.
Dominik ci regala un portrait angosciante e claustrofobico della più grande icona cinematografica femminile del XX secolo, interpretata a dir poco magistralmente da Ana de Armas.
Sappiamo quanto la pellicola sia stata ingiustamente criticata dal gran parte del pubblico e una buona fetta della stampa di settore. Eppure Blonde è senza dubbio una delle più coraggiose pellicole del 2022.
Blonde a dispetto dell’etichetta di biopic è soprattutto un horror, una fiaba nera che ha le atmosfere di Mulholland Drive.
Atroce nel modo in cui sbatte in faccia allo spettatore incubi e fantasmi, attuali e passati. A fare i conti con queste angosciose figure malefiche ci sono due persone, una è ovviamente la diva che ama tutti, la splendida Marilyn Monroe, l’altra è una tormentata donna, Norma Jeane Mortenson Baker. Un nome lungo per camuffare l’illegittimità di una bambina nata presumibilmente dallo stupro della madre Gladys (Julianne Nicholson), mentalmente instabile costretta ad affidare Norma a chiunque la volesse e soprattutto al suo destino.
Un destino fatto di violenze fisiche e traumi, ma anche dal migliore (o peggiore) degli anestetici: la fama.
Norma diventa Marilyn, ma solo per il pubblico.
Marylin canta “Diamonds Are A Girl’s Best Friends” dal musical “Gli uomini preferiscono le bionde”, mentre Norma pensa “Per questo hai ucciso il tuo bambino?”.
Un dualismo ricorrente in tutto il film, deflagrante nella scena in cui Norma attende l’arrivo narcotizzante di Marilyn guardandosi allo specchio. Sublime momento interpretativo di Ana de Armas.
Un film che denuncia il machismo/maschilismo dominante nell’ambiente, soprattutto in quegli anni, grazie a scene annichilenti e dolorose come il provino/stupro del produttore, o la frase “hey però che bel culo che ha quella ragazza” o l’incontro pornografico con mr. president. Eppure in molti si sono soffermati a cercare intenti e ipocrite interpretazioni nel dialogo tra Norma e il suo feto parlante, accusando il film di contribuire alla propaganda antiabortista.
Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito.
Blonde è un indubbio capolavoro che declina ogni didascalica agiografia e ogni giudizio.
Una lucida e angosciante penetrazione delle verità dell’inconscio, della natura istintiva della donna, demolizione delle certezze convenzionali della civiltà, e adesione alla polarità di amore e morte.