Home recensioni commedia The Bear (2022) – Questo non è Masterchef

The Bear (2022) – Questo non è Masterchef

 

La tossicità di alcuni ambienti professionali e familiari, raccontata con incalzanti dialoghi sovrapposti, una regia ipercinetica e un disordine controllato e valorizzato dallo straordinario lavoro di montaggio audio e video.

Questo, e tanto altro, è The Bear, dramedy culinaria, senza dubbio serie rivelazione del 2022, targata Disney+.

A dispetto di programmi come Masterchef, Kitchen Confidential o Chef’s Table, The Bear non idealizza il fine diner, niente romanticherie estetizzanti, piuttosto ne esalta la disciplina di brigata, il logorio psicologico e le conflittualità professionali.

L’intero impianto narrativo è preso “in prestito” dal Padrino di Coppola. Un impero gestito da una famiglia alle prese con i nuovo che avanza e un figliol prodigo che ritorna a farne parte. Il personaggio di Carmy, logorato dai conflitti personali, ricorda a tutti gli effetti, il giovane Michael Corleone.

Siamo a Chicago, esattamente come Shameless (altra serie cult), Carmen “Carmy” Berzatto (Jeremy Allen White il Lip proprio di Shameless!) è uno dei migliori chef al mondo under 21.

Il giovane e apprezzato professionista, decide di abbandonare il mondo dell’alta cucina, per dedicarsi al diner a conduzione familiare, dopo la morte di suo fratello Michael, interpretato, in alcuni strazianti flashback, da Jon Bernthal.

Ma la precedente gestione era un vero disastro e il piccolo locale The Original Beef of Chicagoland, con le sue poche saporite ma grezze ricette è a rischio chiusura.

Panini succulenti ma senza troppe pretese e una gestione a dir poco dilettantistica, hanno portato il locale sull’orlo della bancarotta. A peggiorare la situazione il giovane Carmy dovrà affrontare un personale incompetente e demotivato. In suo soccorso arriva però la giovane e talentuosa Sydney (Ayo Edebiri), disposta a fare di tutto per lavorare con Carmy.

Ma più la brigata cerca di rinnovarsi e più aumenta il numero di debiti e magagne che il giovane chef ha ereditato.

The Bear è una splendida e realistica istantanea di una precisa realtà.

Autori e attori ambiscono ossessivamente all’aderenza e all’autenticità. La storia di alcuni figli della North Chicago, che lavorano nella ristorazione, che sanno come si usa un coltello, ma non le proprie emozioni e soprattutto la devastante emergenza pandemica, che ha divorato molte piccole imprese del settore.

Il creatore Christopher Storer (Eighth Grade), sembra dirci: “siamo qui, ora”.

Anche lo stesso chiamare in causa storici ristoranti realmente esistenti come il Noma, Eleven Madison Park a The French Laundry, è parte di un disegno autoriale che cerca il reale più del romanzato. Tutti elementi che appunto regalano alla serie un’aderenza socio culturale molto apprezzabile, che probabilmente addetti al lavoro e gli americani coglieranno maggiormente rispetto a noi, ma che rendono The Bear un prodotto vero, credibile.

Una serie che non ha paura di mettersi a nudo e che, dopo una prima parte algida ed isterica, approda ad un finale coinvolgente e persino strappalacrime.

Straordinario il lavoro sul cast, su tutti Jeremy White ovviamente, ma sorprende anche Ebon Moss-Bachrach e Ayo Edebiri. Apprezzabili i ruoli minori di Oliver Platt, e gli sfiziosi camei, come quello di Joel McHale nel ruolo del malefico head chef newyorkese.

Alcune tracce narrative sono rimaste volutamente in sospeso e/o non spiegate. Non è difficile (anche visto il successo della season 1) ipotizzare una seconda stagione. Anche solo per capire ad esempio come sia possibile nascondere dei soldi nei barattoli di pomodoro, visto che non esiste nessun macchinario capace di richiuderli senza farli marcire in pochi giorni. Questo fa pensare allo sviluppo del personaggio di Michael (il già citato Jon Bernthal).

Da divorare.