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Beautiful Boy – La Recensione

“Close your eyes, Have no fear, The monster’s gone, He’s on the run and your daddy’s here”

John Lennon

Il regista e sceneggiatore belga Felix Van Groeningen lo ricordiamo per aver scritto e diretto il film The Broken Circle Breakdown, che la maggior parte del pubblico italiano conosce con il titolo di Alabama Monroe – Una storia d’amore. Il film metteva insieme due parole che insieme non dovrebbero mai e poi mai convivere: tumori e bambini. Ma soprattutto Van Groeningen parlava di cellule staminali, puntava il dito. Il risultato fu un piccolo gioiello recitato molto bene e con una colonna sonora fantastica.

Con Beautiful Boy le cose non sono andate diversamente.

Il regista si concentra molto sul rapporto padre figlio e non ha paura di entrare nei delicati meccanismi familiari e personali che girano intorno al giovane angelo maledetto Nic Sheff, interpretato dal divo predestinato Timothée Chalamet. Adolescente che entra ed esce dal dramma della droga, dalla coca fino alle metanfetamine. Al suo fianco l’inossidabile amore paterno di David, ancora una volta uno splendido Steve Carell, ormai perfettamente calato nelle parti drammatiche.

 

Non fosse per le didascalie finali non sapremmo come si è conclusa questa drammatica vicenda. Ed è forse proprio questa l’intenzione ultima della pellicola Van Groeningen, essere un punto di riferimento cinematografico per le famiglie che vivono questo dramma. Un messaggio di speranza in una realtà triste a prescindere dai titoli di coda di ogni singola drammatica storia. Un invito che ti indirizza verso quegli spazi dove un genitore, o chi per lui, può muoversi.

Ma soprattutto Beautiful Boy è un j’accuse nei confronti di questa piaga sociale che ogni anno, solo in America provoca la morte di oltre 50mila persone. Aggiungendo poi un dato che fa rabbrividire: l’80% delle persone che muoiono sotto i 50 anni, è per colpa di una overdose.

Quanto al film la sceneggiatura gioca con i soliti cut and paste temporali che esaltano maggiormente la differenza tra il Nic adolescente e docile da una parte e dall’altra quello aggressivo e psicologicamente mutilato dalla dipendenza.

La regia invece è timida, molto concentrata nella direzione del cast e troppo poco a trovare idee e soluzioni che possano sospendere lo spettatore dal peso gravitazionale del tema. Non sarebbe stato il giusto contesto per spavalderie tecniche, ma un po’ di coraggio non avrebbe guastato.

Van Groeningen si accontenta invece di parlare un linguaggio diretto e non è nelle sue intenzioni costruire un capolavoro, ma portare a casa un film solido e riuscito che possa comunicare con il pubblico in maniera diretta e senza intermediari estetici o metaforici.

Come dire: la storia è questa, tutto il resto non conta.

Un ultimo doverosissimo appunto va fatto alla colonna sonora a dir poco eccezionale. Van Groeningen mette insieme una vera e propria compilation che si integra perfettamente nella storia occupandone ogni pertugio emozionale. Tra le tante straordinarie canzoni menzioniamo Helicon 1 dei Mogwai, Svefn-G-Englar dei Sigur Ros, Territorial Pissings dei Nirvana, Protection dei Massive Attack, Song to the Siren (Take 7) di Tim Buckley, Sound and Vision di David Bowie, Nanou 2 degli Aphex Twin.

Ma al centro musicale ed esegetico della pellicola c’è la bellissima Beautiful Boy (Darling Boy) di John Lennon, dal quale il film prende in prestito il titolo e la frase d’apertura che potrebbe essere la tag line del film:

“Chiudi gli occhi, non avere paura, il mostro è sparito, è in fuga e tuo padre è qui”.