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Il Movente – Black humor spagnolo

“E’ Andy che imita la vita o è la vita che imita Andy”.

Partiamo da questa frase originariamente attribuita a Andy Warhol ma in realtà rubata al genio di Wilde che diceva similmente “La vita imita l’arte più di quanto l’arte non imiti la vita”. E’ su questa domanda che va ricercato il senso ultimo del film “Il Movente” del regista andaluso Manuel Martín Cuenca, al suo settimo film.

La trama ruota attorno ad Alvaro (Javier Gutiérrez) mediocre Josef K, avvocato dipendente di un celebre ufficio notarile di Siviglia. L’uomo ha appena scoperto che la moglie, autrice di successo di best seller, lo ha appena tradito. Si ritrova così improvvisamente da solo, in una spettrale e bianchissima casa. Bianca e scarna come le pagine del suo romanzo. Si perchè questo povero “vorrei ma non posso” ha velleità di scrittore. Non come la sua ex, ma come i grandi romanzieri americani tipo Raymond Chandler o James Ellroy .

Dopo tre anni di lezioni e corsi di scrittura, stimolato dal suo docente Alvaro decide di attingere maggiormente dalla vita che lo circonda e approfitta del trasloco per incentrare il suo romanzo sulle misere esistenze dei suoi vicini. L’aspirante scrittore conosce prima Lola (Adelfa Calvo) la portiera chiacchierona con la quale instaura un rapporto sessuale. Quindi è la volta di un ex generale franchista in pensione e due immigrati sudamericani in gravi difficoltà economiche. Alvaro capisce che l’unica maniera che ha per rendere la storia accattivante è interagire con loro, imponendosi come demiurgo delle loro vite. Un burattinaio che muovendo i fili dei suoi personaggi trova finalmente il bandolo della matassa. Ma il gioco presto diverrà molto pericoloso.

Candidato a nove premi Goya (gli Oscar del cinema spagnolo) e vincitore di quelli per miglior attore e miglior attrice non protagonista, Il Movente è una raffinata black comedy di ispirazione pirandelliana. Elegante speculazione intellettuale sul rapporto scrittura/vita, finzione/realtà. Noir che sconfina nella pochade o viceversa. Anche se talvolta l’autore pecca di originalità tecnica, riesce comunque a non inficiare il film con inutili manierismi tecnici.

Dentro c’è un po’ di tutto da Manhattan di Allen a Delitti e segreti di Soderbergh, da Il ladro di orchidee di Jonze a Vero come la finzione di Forster. Il tutto condito con una spruzzata di Polanski che non fa mai male. C’è inoltre un vago rimando metacinematografico a Le vite degli altri, ilm del 2006 di Florian Henckel von Donnersmarck di cui Manuel Martín Cuenca attinge nella fisicità del suo protagonista, uno straordinario Gutiérrez (già visto ne Crimen perfecto e La Isla Minima) che allude e non poco al compianto Ulrich Mühe nel celebre film tedesco.

 

La pellicola si apre e si chiude con due splendide canzoni scritte da Josè Luis Perales e Pablo Perales, in particolar modo emblematica è “La Vida” che beffardamente recita:

“La vita è un gioco d’azzardo, dove puntare alla cieca. È una vecchia tenda di crepe nera sul rosso carminio del cuore. È il travestimento di un pazzo carnevale, una roulette russa, un arlecchino.”