I fratelli D’Innocenzo stregano e disturbano: si resta dopo i titoli di coda, inebetiti, quasi ad attendere una scena post-credits, ovviamente assente, rivelatoria.
Il gioco di parole nel titolo è presto spiegato: il protagonista, interpretato da un enorme Elio Germano, ha tutto, ha l’America. Un lavoro di prestigio, una bella casa, un buon amico. Una famiglia splendida. Anche i cani sono belli.
Per i primi 10 minuti di pellicola, siamo sui livelli della Mulino Bianco.
Arriverà inesorabile la natura umida, paludosa, la Latina; il perfetto dentista vedrà la sua realtà scricchiolare nei dettagli e nella mente.
Doveroso non dir altro sulla storia; quanto alla forma, America Latina sprizza non solo acqua (un film davvero tanto umido), ma una conoscenza e un amore per cinema smisurati.
Solo uno studio perfetto di ogni scena può portare a citare Nosferatu nel contesto di questa storia senza risultare una forzatura.
E che potente uso del sonoro.
Il disagio del protagonista diventa vostro, e a termine del film ogni momento, suono, avrà il suo perché, la sua chiave oltre il mero esercizio di stile.
Se un film riesce a tratti a farvi desiderare di essere altrove, ma allo stesso tempo di vedere dove va; se questo avviene senza l’uso di scene truculente, allora si è dinanzi a Cinema che stimola, che chiede di elaborare, di prendersi i propri tempi per capire quanto si è visto davvero.