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I’m Not Okay with This- Recensione del teen drama Netflix

I'm Not Okay with This

Ripercorrere gli stilemi vincenti degli anni ’80, soprattutto dopo l’uscita di vittoriosi cloni dei nostri giorni, non è cosa semplice. Come non lo è far breccia nello spettatore ampiamente abituato a determinati messaggi, tematiche, personaggi e via discorrendo.

Dai produttori di Stranger Things e l’ideatore di The End of the Fu**ing World non ci si potrebbe che aspettare di più: che rimarcare il passato possa risultare sempre più estroso. Dalla penna- e le sapienti menti- di questi fortunati autori dominatori del catalogo Netflix arriva I’m Not Okay with This. Si tratta di una serie tratta dal romanzo grafico di Charles Forsman del 2017. Come protagonisti le due giovani promettenti star di IT, Sophia Lillis e Wyatt Oleff, in un duo già cult.

I'm Not Okay with This
Sophia Lillis e Wyatt Oleff sono Sydney Novak e Stanley Barber in I’m Not Okay with This.

Il plot non potrebbe essere più semplice. Una giovane adolescente, Sydney Novak, alle prese con il lutto a seguito del suicidio paterno e con l’auto-accettazione. I complicati legami familiari, i primi segni dell’amore, le esperienze sociali, fanno da sfondo alla scoperta di ignoti poteri telecinetici. Tutti fattori- elementi- che portano a veicolare una sola paura: quella verso sé stessi.

Jonathan Entwistle trasmuta il realismo e la movenza stilistica retrò che lo caratterizzano innovandoli così grazie all’interposizione del soprannaturale. Una carta che si era dimostrata già vincente per Stranger Things, che ne rimane l’archetipo moderno. 

I'm Not Okay with This
Sophia Lillis in una scena di I’m Not Okay with This.

Non mancano i tributi a chi di questi generi è il papà: John Hughes coi suoi testamenti ottantiani (in particolare The Breakfast Club), Stephen King con i suoi manifesti horror imperniati sulla paura giovanile della crescita (Carrie), Cronenberg. Seppur lo sviluppo segua percorsi lineari, fin troppo prevedibili, non mancano spiragli di innovazione, situazioni gustose e personaggi di spessore, culminanti in un finale di stagione a dir poco esplosivo.

Perché oltre al ”già visto”- che potrebbe anche tediare oggi- non si può non rimanere estasiati da un cast, un comparto tecnico e uno stile (linguaggio narrativo e colonna sonora sopra tutto) di tale valenza.

Non resta, dunque, che attendere con trepidazione la prossima stagione.

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