Carpenter sforna un’altra delle sue perle nell’ 81, dipingendo uno dei futuri post-apocaliticci seminali, fatti di notte senza fine, pazzia, cannibalismo; una pellicola da cui tanti prenderanno ispirazione (fa piacere citarne un paio extra-cinema: Metal Gear Solid, Batman: Arkham City hanno attinto a piene mani da ambientazioni e personaggi).
Il condannato a morte Snake Plissken vive in un futuro abbastanza infame, dove il tasso di criminalità ha raggiunto il 400% (!), rendendo necessaria la conversione di Manhattan a prigione a cielo aperto; cielo da cui cade l’Air Force One, lasciando il Presidente degli USA in balia dei criminali.
Il piano di salvataggio coinvolge suo malgrado Snake, a cui il capo della polizia propone come alternativa al venire giustiziato l’esplosione delle arterie dall’interno se non ritroverà il Presidente…
Una pellicola dal mood quantomeno particolare: si respira certamente aria di western, tanto che la parte del protagonista era stata pensata per Eastwood (mentre compare, nella sua ultima interpretazione, il maestoso Van Cleef); è invece Russel il
prescelto, nonchè assoulto perno del film per presenza scenica, partecipazione e coolness; quasi straniante come Snake non smetta per un secondo di prendersi sul serio, su uno sfondo di facce e vestiti improponibili, per non parlare del budget irrisorio con cui Carpenter deve aver lavorato.
Fuga da New York resta un cult con una potente eredità visionaria, anche se temo che non invecchi benissimo; perlomeno, rivederlo oggigiorno rende meno velata l’ironia… che sia diventato disilluso come Snake?