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Animali e crudeltà umana: Okja di Bong Joon-ho (2017)

Film contestatissimo a Cannes solo per via del marchio Netflix a inizio proiezione, Okja è un ottimo film di Bong Joon-ho (divenuto celebre a livello mondiale con Snowpiercer), che ha deciso di mettere in scena una storia non molto originale ma estremamente coinvolgente. Un film che fa riflettere lo spettatore circa lo sfruttamento degli animali, senza, però, voler puntare il dito contro chi mangia carne. Si tratta di una rappresentazione della realtà e utilizza come mezzo per presentarla un animale immaginario. Ma andiamo con ordine.

2007: Lucy Mirando (Tilda Swinton) ha un discorso nel vecchio macello utilizzato dal padre, parlando di problemi ambientali e presentando un animale che afferma essere stato scoperto recentemente in Sud America: il supermaiale, un animale a bassissimo impatto ambientale. Lo elogia, esponendone le caratteristiche benefiche per l’ambiente. Ne esistono 26 esemplari e ognuno di loro verrà spedito da un allevatore in 26 diversi Paesi. Sembra un discorso ambientalista e quasi animalista. Ma si conclude con “ha un gran sapore” (parafraso).

2017: Mija (Ahn Seo-hyun) è una ragazza coreana che vive con il nonno, uno dei 26 allevatori selezionati. Il supermaiale che è stato mandato loro si chiama Okja ed è la migliore amica della ragazza, che passa tutto il suo tempo insieme a lei. Un giorno, un presentatore televisivo, il Dottor Johnny Wilcox (Jake Gyllenhaal) che collabora con la Mirando arriva a casa di Mija, per un controllo al suo supermaiale. E per portarlo via, in America, per farlo partecipare ad un concorso di bellezza per supermaiali, perché Okja è considerata la più bella di tutti. Mija farà di tutto per evitare che la sua amica venga allontanata da lei, aiutata dal FLA, il Fronte di Liberazione degli Animali (in inglese, ALF, Animal Liberation Front).

Okja

Come detto in apertura di articolo, la trama non è delle più originali e, a tratti, mi ha ricordato film come La Carica dei 101, però viene trattata in modo più maturo e adulto, non rinunciando comunque a momenti più leggeri e divertenti, che lo rendono un film godibile per tutti. La sceneggiatura, dunque, è piuttosto varia e riesce ad alternare molto bene situazioni quasi comiche ad altre adrenaliniche e altre ancora molto drammatiche e commoventi. La regia di Joon-ho è ottima in ogni circostanza, tanto nelle scene d’azione (come quella in cui Mija insegue il tir in cui Okja viene trasportata a Seul) quanto in quelle più pacate e drammatiche (bellissimi sono gli ultimi 20 minuti) e riesce a catturare immagini veramente intense e difficili da dimenticare, grazie anche alla fotografia di Darius Khondji, che ha collaborato con registi del calibro di David Fincher, Woody Allen, Michael Haneke e Roman Polanski.

Il personaggio di Okja è molto ben descritto e caratterizzato, senza fare mai ricorso a spiegoni inutili: un esempio si trova nei primi minuti, nei quali Mija è appesa ad una corda sospesa sul vuoto e Okja per salvarla fa ricorso ad una sporgenza poco distante da loro, mostrandoci l’intelligenza dell’animale senza usare una parola ma sfruttando solo una situazione e l’azione per la risoluzione di un problema. L’unica pecca di questo personaggio è la resa grafica. Mi spiego meglio: è molto realistico (sembra un incrocio tra un maiale ed un ippopotamo) ma talvolta non sembra ben inserito nella scena, parendo quasi incollato sulla pellicola con il nastro adesivo, sebbene la sua interazione con l’ambiente e gli altri personaggi sia perfetta e anche le ombre che proietta e che sono proiettate sul suo corpo sono impressionanti per quanto realistiche.  Per quanto riguarda i personaggi “live”, invece, la recitazione dei personaggi è veramente egregia, tanto quella dei personaggi principali quanto quella dei secondari. Jake Gyllenhaal, che interpreta, a mio avviso, il personaggio più insopportabile dell’intero film, fornisce una prestazione molto sopra le righe, che sembra quasi scimmiottare i divulgatori scientifici e alcuni falsi amanti degli animali che pensano solo e soltanto al proprio guadagno, più che al bene degli esseri viventi indifesi.

Durante la sequenza in cui Mija e i membri del FLA si incontrano e salvano, momentaneamente, Okja, è presente un’incongruenza abbastanza grave che farebbe storcere il naso ad uno spettatore un minimo attento. Quando sono tutti quanti nel tir del gruppo di attivisti, Jay (Paul Dano) dialoga con Mija, che parla e capisce solo coreano, facendosi aiutare da K (Steven Yeun), anche lui coreano. All’inizio della conversazione, dunque, K fa da traduttore per entrambi ma, dopo poco, Jay e la ragazza si parlano, ognuno nel proprio idioma, senza bisogno della traduzione, come se i due avessero iniziato a capirsi. Quando, però, Jay espone il piano per porre fine all’impero Mirando che coinvolge Okja (che sarebbe una sorta di infiltrata), chiede a Mija il suo consenso per utilizzare l’animale. Lei dice di volerlo riportare nelle montagne in cui abita ma K traduce dicendo che acconsente e Jay, insieme ai suoi compagni, esulta, ringraziando la ragazza. Dunque Jay capisce o no il coreano? Mistero.

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Lucy Mirando e Mija, alla festa per Okja

Il film scorre benissimo, tenendo un ritmo costante, con solo qualche breve accelerazione per non rendere l’opera monotona. Tutto il film è molto buono ma gli ultimi venti minuti circa sono uno dei momenti più intensi del cinema dell’ultima decina d’anni. La scena è ambientata in un allevamento intensivo ed un macello di supermaiali. La regia getta lo spettatore all’interno di questa fabbrica dell’orrore (attenzione: non voglio fare “propaganda” animalista/vegana definendo il mattatoio in questo modo ma è proprio così che Bong Joon-ho ce lo mostra) e sembra quasi di sentire l’atmosfera pesante ed opprimente che aleggia nel mattatoio, l’odore pungente della carne e del sangue. Questa sequenza, con Mija che vaga stupita ed inquietata dai cadaveri di superanimali che pendono da ogni dove, è difficile da sopportare, sembra uscire dritta dritta da un horror ma, al tempo stesso, molto commovente: riesce a strappare una lacrima pur inquietando non poco. L’effetto che provoca nello spettatore questa scena è anche dovuto alla musica, una traccia ambient molto eterea e drammatica, quasi funerea, realizzata da Jaeil Jung, che ha composto tutta la (ottima) colonna sonora del film.

Okja è un film che ha dei difetti, alcuni innocui, altri ben più gravi. È ben lontano dall’essere un capolavoro ma si attesta su ottimi livelli, confermando che Netflix ha un buon occhio quando si tratta di produrre film (almeno, il più delle volte. Vero, “Lucid Dream”?). Bong Joon-ho confeziona un film che difficilmente si dimentica, che fa vivere allo spettatore quasi tutto lo spettro delle emozioni umane, cosa piuttosto rara nel cinema moderno.