Il nuovo film di Pablo Larraín, in anteprima a Venezia così come accadde tre anni fa con Jackie, è un viaggio psichedelico nella vita della giovane Ema (Mariana di Girolamo), ballerina e professoressa in una scuola, alle prese con vicissitudini che riguardano il figlio adottivo Polo e un rapporto tossico con il marito Gaston (Gael Garcia Bernal).
Il disagio di Ema si manifesterà appieno in un piano malato e macchinoso per farsi affidare nuovamente il figlio, attraverso un viaggio a tratti quasi onirico in cui Larraín ci mostra una donna fragile, emotivamente instabile che crea scompiglio in chiunque incontri.
Oltre alla presenza costante dell’elemento fuoco – non solo inteso figurativamente ma proprio letteralmente, con tanto di lanciafiamme, Trait d’union della storia è sicuramente la danza, la musica, le sonorità del reggaeton ballate sui tetti, per strada e sui campi di periferia, in un erotismo strisciante e costante che sfocia in veri e propri rituali orgiastici.
Larraín ci regala nuovamente una regia impeccabile, che insieme alla fotografia di Sergio Armstrong e all’ ottimo montaggio di Sebastián Sepúlveda, accentua la dimensione emotiva nella quale si muove Ema, accecata d’amore e per questo disposta a tutto, ma proprio a tutto, per averne anche solo le briciole.